Di lei non ho trovato traccia, nel mio costante girovagare in rete. Nulla di nulla, nè una memoria scritta di testi cui abbia collaborato, nè un necrologio, nè un luogo di sepoltura (perchè si anche questo fa parte del nostro voluto desiderio di "non conoscenza") . Mi son detto "E' un peccato che questa donna di cui, in fondo, sappiamo solo quello che ci ha trasmesso con costanza ed impegno per anni, sia dimenticata in maniera così totale". Quindi all'opera, attingiamo ai nostri ricordi e pazienza se saremo scontati e ripetitivi, come talora sono le persone d'età....
Il linguaphone. Questo libricino dalla copertina povera, color arancio invecchiato male, venne acquistato per consiglio/ordine della Bruno. Era a quei tempi una innovazione destabilizzante: questo per le nostre testoline, abituate ad essere guidate con pazienza tramite consolidati testi verso l'apprendimento di una lingua. La sua carica eversiva era data dal fatto che molte erano le figure, nulla di italiano vi figurava e tutto tutto era scritto in francese. I capitoletti erano molti, come le stazioni di una Via Crucis. Certo, adesso si può sorridere di queste considerazioni, ma a me il Linguaphone all'inizio era apparso come uno di quei strani dispositivi di cui non sai l'uso e nanche dove si trovi l'accensione. Fu la Bruno a guidarci nel nuovo mondo. Lì, i gatti stavano sotto o sopra i tavolini, il sole era giallo e i vari Messieurs e Mesdames dicevano cose di una banalità sconvolgente. Eppure il Linguaphone servì. C'era tutto il resto, d'accordo, ma fu un momento importante.
I compiti in classe. Non era certo, credo, per cattiveria che Mademoiselle Bruno nel restituirci i compiti corretti usasse la consegna a "scendere" o a "salire". Ad ogni nome, è vero, il cuore rallentava. Si scendeva, scendeva, si oltrepassavano le colonne d'Ercole del 6 meno meno, si aprivano scenari di delusione o di trionfo. Non per cattiveria dicevo, ma per una sua forma mentale di ordine e di classificazione mentale. Per noi forse non era bello ma glielo si poteva anche perdonare. Sorrideva sempre anche quando spiattellava un voto disonorevole, commentandolo in maniera precisa e indiscutibile. Non ricordo sia mai sbagliata nei giudizi.
L'alunno Seinera. Con la materia si sentiva a suo agio, gli piaceva leggere le avventure di Tintin in lingua per esercitarsi e divertirsi al contempo. Poi aveva la passione dei gialli di spionaggio. A quel tempo il suo eroe era Hubert Bonisseur de la Bath alias (come si scriveva allora) OSS117. L'autore Jean Bruce scriveva un francese non troppo difficile con gli stessi schemi ripetuti racconto dopo racconto. Anche queste avventure le leggevo in lingua. Forse M.lle Bruno, saputo di queste mie frequentazioni, mi sopravvalutò permettendomi di vivere, in un certo qual modo, di rendita. Il fatto è che comunque, singolarmente, il francese al Liceo lo appresi!
Gli scambi culturali e Monsieur Charles. La nostra amabile professoressa ad onta di quel suo monacale aspetto (vestiva come una clarissa in libera uscita) era in avanti coi tempi, se pensiamo alla scuola italiana anni 60/70.... Fin dall'inizio favorì i viaggi di studio con soggiorno presso famiglie francesi di molti di noi. Io non partecipai, perchè come ho scritto in un altro post, la mia casa era piccina e un francese proprio non avrei saputo dove collocarlo (sul balcone?). Un altro servizio offerto fu una serie di lezioni tenute da un francese del Sud tal Monsieur Charles che pare amasse intrattenerci sulle corride, praticate nella sua zona di origine Camargue Provenza. Ricordo poco d'altro del personaggio, forse qualcuno dei miei compagni ha una memoria migliore.....
L'implacabile. Se imparavi bene, altrimenti la bocciatura arrivava puntuale. Nessun buonismo. E a suo modo, anche in questo la Bruno era coerente. Gli strumenti per darti la possibilità di apprendere la sua materia te li forniva. Se non stavi alle regole, perdevi. A posteriori questo insegnamento di serietà l'ho rivalutato. Se ci voltiamo indietro e osserviamo le ombre sempre più tenui, nel ricordo, dei nostri innumerevoli insegnanti, non possiamo non notare la luce vivida che circonda ancora, dopo quasi mezzo secolo, questa donna semplice e cortese.
La ricerca di una traccia nello sconfinato universo virtuale, a volte è appassionante. Su Mademoiselle sembra essere però calato un velo impenetrabile di oblio. Nessuna pubblicazione, nessun necrologio, nulla. Scavando a fondo, ho solo rinvenuto un documento del febbraio 1975 in cui il suo nome, assieme a quello della Repetti Bongiovanni (Filosofia), viene proposto come candidato ai rappresentanti di classe degli Istituti superiori. Nel giugno 1984 la troviamo in commissione maturità sempre al Galfer. Saltuariamente compare la partecipazione a necrologi del suo nome, questo fino ad inizio degli anni 90. Dal 2002 ogni traccia scompare. C'è però da dire che il nome e il cognome sono troppo comuni per raggiungere criteri di certezza in questo genere di ricerche.
domenica 14 dicembre 2014
sabato 13 dicembre 2014
I miei compagni di classe... 44 anni dopo (Piero, Renata)
Eh si, fa paura pensare che sono passati 44 anni da quell'estate del 1970 in cui le nostre vite si sono divise e ognuno ha seguito la propria strada. Ieri sera eravamo di nuovo riuniti in un rumoroso locale del quartiere Lucento, al nostro secondo incontro dopo anni. Osservavo di tanto in tanto le espressioni dei miei compagni, intenti a ridere, chiacchierare, mangiare. Erano cambiati, tutti siamo cambiati, ma nonostante tutto trovavo piacevole vedere come il tempo aveva cambiato i nostri corpi e le nostre espressioni. L'idea di fondo dei nostri esseri, quella perdura immutabile e si ritrova fedelmente in un cenno, in una frase.
Ennio Prudenza: lui lo vedo regolarmente per motivi di lavoro. Ieri parlava di come, durante gli anni del liceo, piacesse sia a lui che a me, la stessa ragazza e di come fosse "tonto" (parole sue), allora, nel recepire i segnali amorosi sottilmente offertigli. Più volte rimandato a settembre di matematica, non si era mai considerato un grande studioso.
Mara Gianolio: una sorpresa piacevole. Ho parlato con lei di tante cose. Mi è piaciuta la sua aria discreta, la cauta ponderazione ad ogni risposta a mie domande su fatti e ricordi piacevoli o meno. Ad un certo punto ha evocato la persona di Efisio di cui ricordava la sensibilità e l'intelligenza. Mara è comunque persona capace di scherzare e ridere di cuore, sotto il velo di riservatezza che trapela ad ogni sguardo.
Renata Olivetti: in apparenza una signora posata e tranquilla, solo pochi accenni all'irruenza spensierata degli anni del liceo, ma si intravede sotto le ceneri la brace con cui può alimentare un'amicizia. Mi è spiaciuto non aver scambiato più parole con lei ieri: il flusso dei dialoghi portava verso i compagni di tavolo più vicini.
Valter Morizio: serio, molto ingegnere, solo poche concessioni allo humor. Ma comunque idee sempre ben orientate. Abbiamo parlato di alcune persone del liceo a lui care, a come si compiono a volte scelte obbligate e talora dolorose.
Liliana Inz: non l'ho mai persa di vista negli anni sia pure con lunghissime pause. Sempre cara, pur nella sua voluta, ostentata ruvidezza espressiva (non è un'offesa sia ben chiaro).
Valerio Cascini: il poeta lucano non ha avuto modo di declamare alcunchè, nessuno tra coloro che conoscono le sue doti compositive, ha pensato a stimolarne la vena. Era lontano da me non ho potuto parlargli molto. Ma so che oltre al poetare possiede una verve ironica molto esuberante....
Dario Oldani: caro vecchio affabulatore che a metà degli anni 60 tra una sigaretta e l'altra, monologavi infinite barzellette tra osceni rimandi all'imperfezione dei cieli! Hai perso la graffiante vis "contestatoria" (il famoso "impegno") ma mi piaci di più ora avvolto in un aria di dolcezza senza più l'eterna sigaretta alle labbra e i d...faz a ritmare i concetti. Il tuo memorabile addomentamento durante la lezione, mi pare, di M.lle Bruno è un caposaldo della nostra memoria liceale.
Sergio Buttironi: ai tempi della F, faceva parte di un gruppo della classe con cui non comunicavo molto (Gallione, Piccobotta, Bensi) ma tra loro era il più simpatico e cordiale. Come d'altronde aperto e affettuoso, lo è ancora adesso.
Daniela Amateis: sempre uguale ad allora. Penso però, pur non conoscendola molto, più giudiziosa di allora perchè in realtà se ben ricordo, era molto, molto birichina, per usare un eufemismo e determinata nelle sue scelte.
Franco Bagagli: in tutti questi anni, per conoscenze comuni, non ci siamo persi di vista. Sempre con la testa sulle spalle, si è sciolto nei movimenti, perdendo quella circospetta rigidità che forse gli derivava dall'essere al primo banco, per cui più a tiro degli insegnanti.
E infine Roberto Nucera l'unico che ho continuato a frequentare pur con una lunghissima pausa, come compagno e amico. Anche lui pur diversamente da Valerio, attraversato da una vena poetica più orientata però verso le composizioni musicali. Ha stemperato l'antica dottrina marxista in una più moderata visione della realtà, forse più realistica.
Ecco qua ho terminato la mia piccola galleria di impressioni. Di certo, mi si perdonerà la banalità delle mie considerazioni rimane su tutto l'affetto di fondo che provo per queste persone che ho ritrovato dopo tanto tempo e che penso di non aver mai completamente abbandonato pur nell'oblio di questi 44, spaventevolmente rapidi, anni.
Renata
Bravo Piero avresti dovuto fare lo scrittore. Io non posso certamente cimentarmi con te, anche perché quando sono in compagnia, sono così presa dalla conversazione che non osservo molto. Posso dire che il clima era sereno e che tutti mi sono sembrati a loro agio. Una cosa mi incuriosisce nelle tue riflessioni perché indichi tutti con nome e cognome, sembra che parli di estranei. Ma....
Io sinceramente tanti cambiamenti non li ho trovati e ho potuto constatare che certi pessimismi o amarezze permangono e lo scorrere degli anni non riesce a far vedere le cose passate in modo più sereno, forse perché a suo tempo hanno lasciato ferite profonde.
Anch'io ho scoperto in Mara una piacevole compagnia, allora la reputavo un po' troppo ''aristocratica''. Si per fortuna Daniela dopo il matrimonio si è calmata ed è molto meno rocambolesca forse un giorno, se mi darà il permesso, vi racconterò alcune nostre avventure veramente folli.
Dario è per fortuna quello che avevo conosciuto nei primi due anni tenero e pacato. Molto affettuosi anche Valerio e Sergio, che al tempo del liceo non frequentavo molto. Una cosa che ho notato è che i maschietti sono più ritrosi a baci e abbracci. Ancora qualche ritrosia o bon ton?
Quanto a me non sono una signora e forse non lo sarò mai, se non all'anagrafe, sono così effervescente naturale, quando c'è Piero, mi trattengo perché temo i suoi giudizi taglienti, la vita penso non mi abbia risparmiato nulla, ma riesco di solito a essere positiva e credo in alcuni valori irrinunciabili come l'amicizia, e quando credo in una cosa, mi ci getto a capofitto pur di ottenere lo scopo prefissato, questo a volte è un pregio, a volte un difetto perché poi batto certe ''zuccate''!!!!
Ennio Prudenza: lui lo vedo regolarmente per motivi di lavoro. Ieri parlava di come, durante gli anni del liceo, piacesse sia a lui che a me, la stessa ragazza e di come fosse "tonto" (parole sue), allora, nel recepire i segnali amorosi sottilmente offertigli. Più volte rimandato a settembre di matematica, non si era mai considerato un grande studioso.
Mara Gianolio: una sorpresa piacevole. Ho parlato con lei di tante cose. Mi è piaciuta la sua aria discreta, la cauta ponderazione ad ogni risposta a mie domande su fatti e ricordi piacevoli o meno. Ad un certo punto ha evocato la persona di Efisio di cui ricordava la sensibilità e l'intelligenza. Mara è comunque persona capace di scherzare e ridere di cuore, sotto il velo di riservatezza che trapela ad ogni sguardo.
Renata Olivetti: in apparenza una signora posata e tranquilla, solo pochi accenni all'irruenza spensierata degli anni del liceo, ma si intravede sotto le ceneri la brace con cui può alimentare un'amicizia. Mi è spiaciuto non aver scambiato più parole con lei ieri: il flusso dei dialoghi portava verso i compagni di tavolo più vicini.
Valter Morizio: serio, molto ingegnere, solo poche concessioni allo humor. Ma comunque idee sempre ben orientate. Abbiamo parlato di alcune persone del liceo a lui care, a come si compiono a volte scelte obbligate e talora dolorose.
Liliana Inz: non l'ho mai persa di vista negli anni sia pure con lunghissime pause. Sempre cara, pur nella sua voluta, ostentata ruvidezza espressiva (non è un'offesa sia ben chiaro).
Valerio Cascini: il poeta lucano non ha avuto modo di declamare alcunchè, nessuno tra coloro che conoscono le sue doti compositive, ha pensato a stimolarne la vena. Era lontano da me non ho potuto parlargli molto. Ma so che oltre al poetare possiede una verve ironica molto esuberante....
Dario Oldani: caro vecchio affabulatore che a metà degli anni 60 tra una sigaretta e l'altra, monologavi infinite barzellette tra osceni rimandi all'imperfezione dei cieli! Hai perso la graffiante vis "contestatoria" (il famoso "impegno") ma mi piaci di più ora avvolto in un aria di dolcezza senza più l'eterna sigaretta alle labbra e i d...faz a ritmare i concetti. Il tuo memorabile addomentamento durante la lezione, mi pare, di M.lle Bruno è un caposaldo della nostra memoria liceale.
Sergio Buttironi: ai tempi della F, faceva parte di un gruppo della classe con cui non comunicavo molto (Gallione, Piccobotta, Bensi) ma tra loro era il più simpatico e cordiale. Come d'altronde aperto e affettuoso, lo è ancora adesso.
Daniela Amateis: sempre uguale ad allora. Penso però, pur non conoscendola molto, più giudiziosa di allora perchè in realtà se ben ricordo, era molto, molto birichina, per usare un eufemismo e determinata nelle sue scelte.
Franco Bagagli: in tutti questi anni, per conoscenze comuni, non ci siamo persi di vista. Sempre con la testa sulle spalle, si è sciolto nei movimenti, perdendo quella circospetta rigidità che forse gli derivava dall'essere al primo banco, per cui più a tiro degli insegnanti.
E infine Roberto Nucera l'unico che ho continuato a frequentare pur con una lunghissima pausa, come compagno e amico. Anche lui pur diversamente da Valerio, attraversato da una vena poetica più orientata però verso le composizioni musicali. Ha stemperato l'antica dottrina marxista in una più moderata visione della realtà, forse più realistica.
Ecco qua ho terminato la mia piccola galleria di impressioni. Di certo, mi si perdonerà la banalità delle mie considerazioni rimane su tutto l'affetto di fondo che provo per queste persone che ho ritrovato dopo tanto tempo e che penso di non aver mai completamente abbandonato pur nell'oblio di questi 44, spaventevolmente rapidi, anni.
Renata
Bravo Piero avresti dovuto fare lo scrittore. Io non posso certamente cimentarmi con te, anche perché quando sono in compagnia, sono così presa dalla conversazione che non osservo molto. Posso dire che il clima era sereno e che tutti mi sono sembrati a loro agio. Una cosa mi incuriosisce nelle tue riflessioni perché indichi tutti con nome e cognome, sembra che parli di estranei. Ma....
Io sinceramente tanti cambiamenti non li ho trovati e ho potuto constatare che certi pessimismi o amarezze permangono e lo scorrere degli anni non riesce a far vedere le cose passate in modo più sereno, forse perché a suo tempo hanno lasciato ferite profonde.
Anch'io ho scoperto in Mara una piacevole compagnia, allora la reputavo un po' troppo ''aristocratica''. Si per fortuna Daniela dopo il matrimonio si è calmata ed è molto meno rocambolesca forse un giorno, se mi darà il permesso, vi racconterò alcune nostre avventure veramente folli.
Dario è per fortuna quello che avevo conosciuto nei primi due anni tenero e pacato. Molto affettuosi anche Valerio e Sergio, che al tempo del liceo non frequentavo molto. Una cosa che ho notato è che i maschietti sono più ritrosi a baci e abbracci. Ancora qualche ritrosia o bon ton?
Quanto a me non sono una signora e forse non lo sarò mai, se non all'anagrafe, sono così effervescente naturale, quando c'è Piero, mi trattengo perché temo i suoi giudizi taglienti, la vita penso non mi abbia risparmiato nulla, ma riesco di solito a essere positiva e credo in alcuni valori irrinunciabili come l'amicizia, e quando credo in una cosa, mi ci getto a capofitto pur di ottenere lo scopo prefissato, questo a volte è un pregio, a volte un difetto perché poi batto certe ''zuccate''!!!!
venerdì 12 dicembre 2014
Il nostro bidello
Montrucchio è stato uno degli ultimi rappresentanti di una categoria ben caratterizzata nell'ambito della struttura scolastica, liceale del tempo. Conservava ancora la sua persona una fisionomia professionale precisa, quella appunto del "bidello". Ora non si usa più chiamarli così, sono diventati dei "collaboratori scolastici" mi sembra, figure anonime poco valorizzate e spesso di basso profilo professionale. Il bidello Montrucchio invece si situava per competenze e prestigio ad un gradino solo inferiore rispetto agli insegnanti (senza mancare di rispetto a questi ultimi, parliamo di ruoli non di capacità didattiche!). Regolava i flussi, controllava, agiva. Montrucchio me lo ricordo serio e attento, sempre sicuro nello svolgimento delle sue mansioni. Quell'estate del 70, si era conclusa da poco più di un mese la nostra storia di vita al Galileo Ferraris, appresi la notizia in campagna leggendola sul giornale cittadino. L'episodio mi intristì perchè era una delle prime volte che vedevo scomparire una persona conosciuta che per molti anni avevo visto e avvicinato senza capire (e come sarebbe stato possibile?) il segreto della sua sofferenza.
Lunedì 17 agosto 1970
sabato 22 novembre 2014
Il primo post (Renata)
Questo è il mio primo post, non mi trovo molto a mio agio anche perchè fa cose strane, ma mi sforzerò. Ma non vorrei che fosse un duetto tra me e Piero.

Ricordi di Elisa e Lucia ( poi li sistemerò)

Questo è quello che penso sull'amicizia e cosa vorrei fare con i miei amici che reputo persone intelligenti , ma a volte penso di non essere capita SOB!!!!!!!!!!
spes est ultimum mori
Ricordi di Elisa e Lucia ( poi li sistemerò)
l'unica informazione ma riguarda i primi anni (forse 2 anno?!) Castagnotto supplente di italiano che sbadigliava sempre ma era forte! lo incontro sempre in via mazzini xchè abita nella mia zona. è sempre uguale!
E poi incrocio sempre la Tira che è ancora viva e vegeta e gira da sola! quando avevo i figli piccoli chiamavo suo figlio che faceva il 'mago' ... alle feste dei bambini e l'avevo contattata . Adesso non si ricorda più di me credo.
Giusto per i matematici. La suppl di Craveri in 4 era Maria Cristina Catti ed il supplente di Troletti mi pare Fea: C'è stato un supplente di scienze in 4 o 5 ma breve meteora
venerdì 21 novembre 2014
The way I was.... (Piero Seinera)
Ho scelto questa parafrasi che rimanda al celebre The way we were che fece sognare molti giovani negli anni 70, per ricordare com'era il ragazzo Piero che nel 65 si era iscritto ad uno dei più prestigiosi Licei della città, lui che di matematica ne masticava poca. Era uscito dalla media Pascoli con un giudizio generico che recitava: "Studente volenteroso, diligente, può accedere ad un qualsiasi percorso di studi dal Liceo agli Istituti tecnici" La scelta del Galileo Ferraris era stata dettata dall'amicizia intrecciatasi con Maggiora, Neri e Riva che avevano già deciso a quale scuola iscriversi.
Piero e lo sport.Aveva iniziato a frequentare la palestra di via Braccini e a disputare partite di campionato negli allievi di pallavolo del CUS Torino. Questo in seguito ad un reclutamento avvenuto nell'ora di ginnastica in cui un dirigente allenatore della società cittadina aveva spiegato cos'era la pallavolo e come era possibile accedere a questo sport. Per tutta la durata del liceo frequentò quindi palestre e campi da gioco: la pallavolo torinese in quei primi anni di sviluppo non era ancora assistita dai grandi sponsor per cui non erano richiesti grandi traguardi. Ci si divertiva e basta.
Piero e il vestire. Già allora non amava camicie e cravatte, il concetto di eleganza non l'aveva mai sfiorato per cui l'idea, per esempio, di interessare una ragazza o di far colpo con un indumento gli era del tutto sconosciuta. In realtà era sua madre che comperava nei negozi di quartiere maglie, magliette e scarpe. Lui non discuteva mai le scelte, indossava e via. Piero e lo studio. Il rapporto con le materie scientifiche non fu mai sereno anche se un certo successo l'ottenne al secondo anno (o era il primo?) con un 9 in geografia. Aveva studiato sulla cartina muta dell'atlante una trentina di città della Finlandia e le sapeva indicare senza errore una dopo l'altra. Per le nozioni futili aveva sempre avuto una certa propensione. Anche se non era uno "studioso" appassionato aveva ben chiaro in mente un concetto. Era lì per studiare. Aveva alle spalle un padre non più giovane che per mantenerlo agli studi aveva posticipato il pensionamento. Con gli anni prese le misure al sitema scolastico e a questo punto tirò un respiro di sollievo, allentando la tensione e la paura del possibile insuccesso. Il Griffa si era dileguato, la burbera Gugliotta pure. Nei primi anni di liceo il mondo femminile fu osservato di lontano, con simpatie non manifestate e batticuori silenziosi senza mai intrusioni. Non sapeva bene come iniziare.
Piero e lo sport.Aveva iniziato a frequentare la palestra di via Braccini e a disputare partite di campionato negli allievi di pallavolo del CUS Torino. Questo in seguito ad un reclutamento avvenuto nell'ora di ginnastica in cui un dirigente allenatore della società cittadina aveva spiegato cos'era la pallavolo e come era possibile accedere a questo sport. Per tutta la durata del liceo frequentò quindi palestre e campi da gioco: la pallavolo torinese in quei primi anni di sviluppo non era ancora assistita dai grandi sponsor per cui non erano richiesti grandi traguardi. Ci si divertiva e basta.
Piero e il vestire. Già allora non amava camicie e cravatte, il concetto di eleganza non l'aveva mai sfiorato per cui l'idea, per esempio, di interessare una ragazza o di far colpo con un indumento gli era del tutto sconosciuta. In realtà era sua madre che comperava nei negozi di quartiere maglie, magliette e scarpe. Lui non discuteva mai le scelte, indossava e via. Piero e lo studio. Il rapporto con le materie scientifiche non fu mai sereno anche se un certo successo l'ottenne al secondo anno (o era il primo?) con un 9 in geografia. Aveva studiato sulla cartina muta dell'atlante una trentina di città della Finlandia e le sapeva indicare senza errore una dopo l'altra. Per le nozioni futili aveva sempre avuto una certa propensione. Anche se non era uno "studioso" appassionato aveva ben chiaro in mente un concetto. Era lì per studiare. Aveva alle spalle un padre non più giovane che per mantenerlo agli studi aveva posticipato il pensionamento. Con gli anni prese le misure al sitema scolastico e a questo punto tirò un respiro di sollievo, allentando la tensione e la paura del possibile insuccesso. Il Griffa si era dileguato, la burbera Gugliotta pure. Nei primi anni di liceo il mondo femminile fu osservato di lontano, con simpatie non manifestate e batticuori silenziosi senza mai intrusioni. Non sapeva bene come iniziare.
La scoperta al secondo anno di Proust e della sua Recherche gli aprì un mondo: attraverso l'analisi sottile e protratta dei sentimenti amorosi e del ricordo, assi portanti del lunghissimo romanzo cominciò a capire che l'amore era una faccenda assai più complicata del previsto. Seguirono giorni e mesi di appassionata lettura. La cartolina di Neri qui sopra è testimonianza del fatto che questa passione era conosciuta e incoraggiata...... Riccardo parla di una prenotazione della Walkiria... chissà cosa voleva dire....
[continua?]
Riccardo (Neri)
Non ho neanch'io la più pallida di che cosa fosse la prenotazione per la Walchiria. In quegli anni scoprivo Wagner (oltre a Proust, che però imparai ad apprezzare più avanti), ma non andai a vedere/sentire la Walchiria. Forse Franco Bagagli, grande wagneriano già allora, può darci qualche lume.
Efisio mi fece sentire l'ouverture del Tannhauser e io decisi di comprarmi il Tannhauser, scoprendo solo in negozio che era un'intera opera (al di fuori della portata delle mie tasche) e non il 45 giri che Efisio mi aveva fatto sentire.
Piero.
Si, anche a me è capitata un'esperienza analoga e similmente con Wagner. Innamorato dell'anello del Nibelungo (Gotterdamerung ecc) pensai di comperarmi i brani del 33 giri che avevo ereditato da mia sorella.... Scoprii con raccapriccio in seguito che l'opera, ancorchè lunghissima, è per gran parte cantata (in tedesco) e le voci acute non suscitavano più in me quel languore provato per Sigfrido e il Crepuscolo degli Dei.....
martedì 11 novembre 2014
Prima F , Primo giorno di Scuola : Nucera Roberto.
Venerdì primo ottobre o forse sabato due ottobre 1965, ore otto o nove.
Tutti stipati nell'ingresso del liceo scientifico Galileo Ferraris, più di duecento ragazzini aspettavano con ansia di sapere in quale sezione erano stati iscritti al loro primo anno di scuola superiore.
Io ero lì con i miei compagni di classe delle medie. Ero quasi sicuro che sarei andato con molti di loro nella sezione C, perché così le nostre mamme avevano chiesto alla segreteria della scuola.
La sezione C era una della sezioni che accoglieva i ragazzi che avevano studiato francese nelle medie e volevano passare alla lingua inglese.
Chiacchieravo con il mio amico delle medie Corrado Locati con cui in settembre ero andato nelle librerie del centro a cercare libri della mitica BUR, con la nascosta intenzione di trovare nei classici della letteratura qualche pagina che potesse essere complice dei nostri adolescenziali sogni alla scoperta del sessualità.
A casa sua Corrado mi aveva fatto sentire il primo long playing, comprato dal fratello maggiore, del cantautore allora quasi sconosciuto Fabrizio De André, in cui si affrontavano temi che non si sentivano certo alla radio.
Intanto un professore iniziò a fare l'appello, distribuendo gli alunni nelle loro classi.
Sezione C ...... Cavalla ..... Ferraris ....... Locati ... Martiny.
Mi diressi anche io con loro, convinto che avrebbero chiamato anche il mio cognome, ma niente.
Rimasi nell'ingresso del liceo, solo, anche se fra tanti ragazzini. L'appello continuava lento. Pensavo quasi che si fossero dimenticati di me (chi sa, una svista) quando, arrivati quasi alla fine dell'appello della sezione F , sentii "Nucera" e mi accodai alla fila dei nuovi compagni.
Ci avviammo verso una grigia aula del secondo piano , dove andai subito a sedermi il più lontano possibile in uno degli ultimi banchi.
Mi sentivo triste e spaesato , ma una nota positiva c'era: mentre la sezione C era rimasta rigorosamente maschile, nella classe c'era un buon numero di ragazze.
L'insegnante che ci guardava da dietro la cattedra era la professoressa Gugliotta di italiano, latino, storia e geografia.
Non mi ricordo bene quale fu il suo discorso introduttivo, ma sono quasi sicuro che sottolineò la serietà e la difficoltà degli studi che caratterizzavano il liceo Galileo Ferraris, invitando implicitamente chi non aveva una preparazione adeguata a prendere in considerazione l'ipotesi di cambiare scuola (cosa che in seguito fecero diversi compagni di classe)
Poi dettò la lista dei libri di testo, da cui compresi che avrei continuato lo studio del francese invece di iniziare quello dell'inglese. Ci saremmo rivisti il 5 ottobre e l'insegnante ci diede subito i compiti per casa: un tema su di uno dei libri letti durante le vacanze (non era neanche pensabile che un ragazzino intenzionato ad iscriversi al liceo non leggesse almeno un libro in estate) e una traduzione dal latino all'italiano che ci dettò velocemente.
Quando dissi a mia madre che ero stato iscritto ad una sezione in cui si continuava lo studio del francese, decise che sarebbe andata a parlare con il preside per farmi cambiare di sezione.
Io che sono timoroso e che sono avverso ad ogni cambiamento (anche la presenza delle ragazze non mi dispiaceva certo) non l'appoggiai nel suo proposito e così mia madre, che aveva solo frequentato la quinta elementare ed era un po' impaurita all'idea di confrontarsi con le autorità scolastiche, non trovò il coraggio di andare dal preside.
Rimasi nella sezione F. Chissà perché sono stato l'unico della mia classe delle medie cui non sia stato concesso di passare alla lingua inglese?
Ho due ipotesi. La prima è un po' cattiva, ma come diceva Andreotti "a pensar male si fa peccato ma ...." : non avevo certo raccomandazioni. La seconda è un po' più didattica.
Io ero un ragazzino molto studioso, la mia famiglia vedeva nella scuola l'unica via di uscita a una vita grama e mia mamma era calvinista senza saperlo.
"Prima il dovere, poi il piacere" mi ripeteva di continuo. Per lei (e anche per me purtroppo) un sette era un brutto voto.
All'esame di terza media ci fu un piccolo litigio con l'insegnante di matematica : non le piaceva il mio modo di scrivere la variabile "b" e il disegno che avevo fatto di un cono incluso in un cubo non soddisfaceva i suoi criteri estetici.
Presi "solo" otto di matematica all'esame e forse per questo l'insegnante di francese decise di darmi nove, anche se non mi aveva mai gratificato di un simile voto negli anni precedenti.
La commissione del Galfer che "faceva" le classi, forse avrà pensato che fosse più coerente farmi continuare a studiare una lingua in cui avevo raggiunto risultati talmente brillanti.
La mia famiglia pretendeva, senza nemmeno dirlo, voti alti e io purtroppo avevo pienamente interiorizzato l'importanza delle studio. Fui in forte difficoltà in quel primo anno, le richieste degli insegnanti erano decisamente elevate.
Lo studio continuo ed eccessivo mi impedì di curare l'armonioso sviluppo del corpo (da cui le spalle curve) e non favorì le relazioni con il gentil sesso.
La rabbia che negli ultimi anni di scuola mostravo verso la scuola è soprattutto figlia della sofferenza derivante da uno studio eccessivo, ma avrò occasione di riparlarne.
Piero:
Roberto era già allora molto serio per la sua età. Metodico, determinato, affrontava con ponderato impegno ogni aspetto dell'apprendere. Sapevi, nel porgli una domanda di aiuto, che nulla sarebbe stato affidato al caso e l'impegno nel rispondere, massimo. Non era sì, possiamo dirlo, persona di sereno e solare ingegno, nel senso che la sua intelligenza pareva svilupparsi da un "sofferto" studiare e non da un facile e istintivo padroneggiare il sapere, come invece era per Riccardo (Neri). Ci fu verso metà liceo un virare verso l'ideologia marxista e anche qui la cosa non fu presa con superficialità.
Riccardo (Neri):
Del primo giorno di scuola ho solo il ricordo del cambiamento di posto. Non mi rammento nulla dell'appello iniziale. So solo che in classe noi quattro che provenivamo dalla stessa scuola media (Efisio, Ezio, Piero e io, dalla Pascoli) ci eravamo messi nella fila di destra (guardando la cattedra), ai primi posti. La Gugliotta diede un'occhiata alla classe (35 allievi) e subito mi spostò, perché avevo la faccia del bravo ragazzo, mettendomi in terza fila e mandando la mio posto qualcun altro (che doveva apparirle "agitato"). Se ricordo bene dietro di me c'era Roberto. Forse davanti c'era Maurizio. A sinistra, oltre lo spazio di passaggio, la formazione compatta delle ragazze: 4 file di 4 banchi.
Tutti stipati nell'ingresso del liceo scientifico Galileo Ferraris, più di duecento ragazzini aspettavano con ansia di sapere in quale sezione erano stati iscritti al loro primo anno di scuola superiore.
Io ero lì con i miei compagni di classe delle medie. Ero quasi sicuro che sarei andato con molti di loro nella sezione C, perché così le nostre mamme avevano chiesto alla segreteria della scuola.
La sezione C era una della sezioni che accoglieva i ragazzi che avevano studiato francese nelle medie e volevano passare alla lingua inglese.
Chiacchieravo con il mio amico delle medie Corrado Locati con cui in settembre ero andato nelle librerie del centro a cercare libri della mitica BUR, con la nascosta intenzione di trovare nei classici della letteratura qualche pagina che potesse essere complice dei nostri adolescenziali sogni alla scoperta del sessualità.
A casa sua Corrado mi aveva fatto sentire il primo long playing, comprato dal fratello maggiore, del cantautore allora quasi sconosciuto Fabrizio De André, in cui si affrontavano temi che non si sentivano certo alla radio.
Intanto un professore iniziò a fare l'appello, distribuendo gli alunni nelle loro classi.
Sezione C ...... Cavalla ..... Ferraris ....... Locati ... Martiny.
Mi diressi anche io con loro, convinto che avrebbero chiamato anche il mio cognome, ma niente.
Rimasi nell'ingresso del liceo, solo, anche se fra tanti ragazzini. L'appello continuava lento. Pensavo quasi che si fossero dimenticati di me (chi sa, una svista) quando, arrivati quasi alla fine dell'appello della sezione F , sentii "Nucera" e mi accodai alla fila dei nuovi compagni.
Ci avviammo verso una grigia aula del secondo piano , dove andai subito a sedermi il più lontano possibile in uno degli ultimi banchi.
Mi sentivo triste e spaesato , ma una nota positiva c'era: mentre la sezione C era rimasta rigorosamente maschile, nella classe c'era un buon numero di ragazze.
L'insegnante che ci guardava da dietro la cattedra era la professoressa Gugliotta di italiano, latino, storia e geografia.
Non mi ricordo bene quale fu il suo discorso introduttivo, ma sono quasi sicuro che sottolineò la serietà e la difficoltà degli studi che caratterizzavano il liceo Galileo Ferraris, invitando implicitamente chi non aveva una preparazione adeguata a prendere in considerazione l'ipotesi di cambiare scuola (cosa che in seguito fecero diversi compagni di classe)
Poi dettò la lista dei libri di testo, da cui compresi che avrei continuato lo studio del francese invece di iniziare quello dell'inglese. Ci saremmo rivisti il 5 ottobre e l'insegnante ci diede subito i compiti per casa: un tema su di uno dei libri letti durante le vacanze (non era neanche pensabile che un ragazzino intenzionato ad iscriversi al liceo non leggesse almeno un libro in estate) e una traduzione dal latino all'italiano che ci dettò velocemente.
Quando dissi a mia madre che ero stato iscritto ad una sezione in cui si continuava lo studio del francese, decise che sarebbe andata a parlare con il preside per farmi cambiare di sezione.
Io che sono timoroso e che sono avverso ad ogni cambiamento (anche la presenza delle ragazze non mi dispiaceva certo) non l'appoggiai nel suo proposito e così mia madre, che aveva solo frequentato la quinta elementare ed era un po' impaurita all'idea di confrontarsi con le autorità scolastiche, non trovò il coraggio di andare dal preside.
Rimasi nella sezione F. Chissà perché sono stato l'unico della mia classe delle medie cui non sia stato concesso di passare alla lingua inglese?
Ho due ipotesi. La prima è un po' cattiva, ma come diceva Andreotti "a pensar male si fa peccato ma ...." : non avevo certo raccomandazioni. La seconda è un po' più didattica.
Io ero un ragazzino molto studioso, la mia famiglia vedeva nella scuola l'unica via di uscita a una vita grama e mia mamma era calvinista senza saperlo.
"Prima il dovere, poi il piacere" mi ripeteva di continuo. Per lei (e anche per me purtroppo) un sette era un brutto voto.
All'esame di terza media ci fu un piccolo litigio con l'insegnante di matematica : non le piaceva il mio modo di scrivere la variabile "b" e il disegno che avevo fatto di un cono incluso in un cubo non soddisfaceva i suoi criteri estetici.
Presi "solo" otto di matematica all'esame e forse per questo l'insegnante di francese decise di darmi nove, anche se non mi aveva mai gratificato di un simile voto negli anni precedenti.
La commissione del Galfer che "faceva" le classi, forse avrà pensato che fosse più coerente farmi continuare a studiare una lingua in cui avevo raggiunto risultati talmente brillanti.
La mia famiglia pretendeva, senza nemmeno dirlo, voti alti e io purtroppo avevo pienamente interiorizzato l'importanza delle studio. Fui in forte difficoltà in quel primo anno, le richieste degli insegnanti erano decisamente elevate.
Lo studio continuo ed eccessivo mi impedì di curare l'armonioso sviluppo del corpo (da cui le spalle curve) e non favorì le relazioni con il gentil sesso.
La rabbia che negli ultimi anni di scuola mostravo verso la scuola è soprattutto figlia della sofferenza derivante da uno studio eccessivo, ma avrò occasione di riparlarne.
Piero:
Roberto era già allora molto serio per la sua età. Metodico, determinato, affrontava con ponderato impegno ogni aspetto dell'apprendere. Sapevi, nel porgli una domanda di aiuto, che nulla sarebbe stato affidato al caso e l'impegno nel rispondere, massimo. Non era sì, possiamo dirlo, persona di sereno e solare ingegno, nel senso che la sua intelligenza pareva svilupparsi da un "sofferto" studiare e non da un facile e istintivo padroneggiare il sapere, come invece era per Riccardo (Neri). Ci fu verso metà liceo un virare verso l'ideologia marxista e anche qui la cosa non fu presa con superficialità.
Riccardo (Neri):
Del primo giorno di scuola ho solo il ricordo del cambiamento di posto. Non mi rammento nulla dell'appello iniziale. So solo che in classe noi quattro che provenivamo dalla stessa scuola media (Efisio, Ezio, Piero e io, dalla Pascoli) ci eravamo messi nella fila di destra (guardando la cattedra), ai primi posti. La Gugliotta diede un'occhiata alla classe (35 allievi) e subito mi spostò, perché avevo la faccia del bravo ragazzo, mettendomi in terza fila e mandando la mio posto qualcun altro (che doveva apparirle "agitato"). Se ricordo bene dietro di me c'era Roberto. Forse davanti c'era Maurizio. A sinistra, oltre lo spazio di passaggio, la formazione compatta delle ragazze: 4 file di 4 banchi.
lunedì 10 novembre 2014
I nostri compagni di classe (Renata)
I miei
compagni...............??????????????? Che cosa potrei raccontare di loro? Tutto
e niente. Anzitutto arrivata in 3a F nell'ottobre del 1967 di molti
loro, non ho un ricordo dei primi anni, mentre Manolo, Ennio, Dario, Valerio e
Franco Borri (Bobo) erano già stati miei compagni in anni precedenti.
Specialmente di Franco ho un vivo ricordo: sempre
di buon umore, scherzoso, a volte anche un po' troppo, conciliante e “vivi e
lascia vivere”, con lui si poteva avere un rapporto disinibito, senza paura di
essere continuamente giudicati. Anche quando ci siamo incontrati alla cena, è
stato come se gli anni non fossero passati, la confidenza è stata la stessa e
abbiamo ricordato ogni avvenimento con piacere.
Dario e Valerio erano molto cambiati, forse cresciuti,
ma sempre pronti a contestare.
E dei nuovi che dire? Mi legai in modo
particolare a Riccardo anche perché abitavamo vicino e andavamo e venivamo da
scuola insieme e avevamo così molto tempo per chiacchierare e poi studiavo
molto bene con lui. Nonostante la sua grande intelligenza e preparazione aveva
il dono di non farti mai sentire inferiore, non era un secchione
aveva una vera passione per lo studio e al di fuori della scuola aveva
tantissimi interessi, lo sci, il cinema, il teatro, la musica, una vera
miniera. Un ricordo buffissimo è dei nostri venerdì. Uscivamo da scuola alle 13
e alle 13.05 iniziava Hit Parade, per noi irrinunciabile, e così Riccardo si
era organizzato con una radiolina e l'ascoltavamo strada facendo e nella bella
stagione veniva a scuola in Graziella e al ritorno per fare più in fretta
facevamo a turno sulla bicicletta e l'altro correva. Quanto eravamo giovani e
atletici! Con Riccardo condividevo molte idee e modi di vivere, le cose che
erano veramente importanti nella vita, quali l'essere e non l'apparire, l'agire
e non parlare solamente, lo trovavo maturo e al tempo stesso ironico e
divertente per certe sue battute su alcune mie scelte. Mi ricordo che un giorno
io dissi: ''Se son rose fioriranno'' e lui mi rispose: ''Speriamo che non
fioriscano troppo''. Fantastiche erano le meringhe che sua madre ci faceva
trovare per merenda nei pomeriggi in cui studiavamo da lui.
Altro grande amico fu Franco Bagagli, sempre
scherzoso e di buon umore, anche lui molto studioso e soprattutto altruista,
era spesso preso in giro da me, Riccardo ed Elisa per certi aspetti del
suo carattere e lui ribadiva sempre paziente ed arguto, un vero
compagnone!!!!!!
Con gli altri non legai molto per tanti motivi,
anche diversi: alcuni erano troppo riservati e se ne stavano chiusi nel loro
guscio, altri avevo l'impressione che mi guardassero sempre un po' dall'alto in
basso, pronti a criticare, ed essendo una a cui per sentirsi bene necessitano
pochi amici sinceri, non andai mai oltre. Con alcuni penso non aver scambiato
nell'arco del triennio più di una cinquantina di parole e spesso anche in
polemica. In realtà non avevo di loro una grande considerazione: li ritenevo
troppo infantili e spesso anche opportunisti. Quella posizione strategica nel
primo banco di me e Daniela alla fine giovava più a certi nostri compagni,
che di solito non ci rivolgevano neppure la parola, ma in occasione delle
interrogazioni pretendevano che noi tenessimo il libro aperto e sfogliassimo
anche le pagine al fine di poter sbirciare e, anche se non preparati, strappare
almeno una sufficienza. Devo dire che sono sempre molto colpita ieri come oggi
dalle certezze di Piero. Sì, è vero, a volte io e Daniela ci lasciavamo un po'
andare, non avevamo certo l'aplomb di altre compagne, in compenso avevamo
sicuramente del fair play.
RENATA
Io comunque mi sbaglierò, ma ti vedevo e ti vedo così anche oggi, sempre molto deciso e quasi sempre prevalente, un po'troppo impositivo. Le mie come le tue, ovviamente, sono sensazioni a ''pelle'' per quel poco che ci conosciamo.
Riccardo (Neri)
I venerdì con Hit Parade e la bicicletta me li ricordo anch'io e a ripensarci dopo tutti questi anni, mi viene ancora da ridere. Oltre tutto la bici era una Graziella, più adatta a bambini che a noi.
Piero:
Cara Renata, era con simpatia che nel mio post descrivevo i vostri, tuoi e di Daniela, armeggii grafico-verbali al primo banco.... E' vero, in tanti anni abbiamo scambiato poche frasi, ma non era per supponenza. Come penso accada ovunque, si creano dei gruppi di amicizia o di consuetudine che poi a seconda del carattere dei membri possono evolvere o chiudersi a riccio. Quest'ultimo atteggiamento è forse stato proprio del nostro gruppo, gruppo che comprendeva Ezio, Efisio, Riccardo Belli, Maurizio e più occasionalmente Roberto e Manolo. L'evoluzione fu poi l'introduzione di Liliana e Mara come ragazze di due di noi. Eravamo forse sì, infantili, ma tutto sommato, per quegli anni lo siamo stati in maniera fisiologica. Più che infantili direi un po' "addormentati". Riguardo alle mie certezze, passate e attuali, sei in errore. Non ho mai avuto la consapevolezza di possedere grandi certezze. Ho cambiato spesso opinioni, ma non per opportunismo, atteggiamento che mi è alieno da sempre. La prova è che tutto ciò che avuto nella vita, nel lavoro soprattutto, è stato ottenuto con sforzo e fatica, ma sempre senza i grandi vantaggi che scelte di opportunismo appunto, ti permettono di ricavare.
Io comunque mi sbaglierò, ma ti vedevo e ti vedo così anche oggi, sempre molto deciso e quasi sempre prevalente, un po'troppo impositivo. Le mie come le tue, ovviamente, sono sensazioni a ''pelle'' per quel poco che ci conosciamo.
Riccardo (Neri)
I venerdì con Hit Parade e la bicicletta me li ricordo anch'io e a ripensarci dopo tutti questi anni, mi viene ancora da ridere. Oltre tutto la bici era una Graziella, più adatta a bambini che a noi.
domenica 9 novembre 2014
Le nostre compagne di classe (Piero)
Di Elisa ricordo l’intelligenza acuta, la sua presenza
costante al primo banco. Ricordo anche i gesti femminili con cui si accingeva a
scrivere un compito o a girare il capo verso di noi, quelli dell’ultima fila, i
meno attenti. Troppo discreta per mostrare riprovazione. A volte, penso che la lontananza fisica tra la
prima fila e la quinta o sesta, addossata al muro di fondo, abbia condizionato
anche i rapporti tra le persone. Sarà
vero? Le ragazze in genere si disponevano nei primi banchi a parte forse
qualche eccezione (Egle, Casalino e Vanna). Tutte le altre, volenterose e
giudiziose, stavano davanti. I loro fitti conciliaboli, in particolare Renata e Daniela
ci erano misteriosamente preclusi. Ridacchiavano,
la mano si portava a volte alla bocca per celare uno sghignazzo irrefrenabile. Si
scrivevano anche, comunicando per iscritto. Gomito a gomito, eppur si
scrivevano. Ne sono certo. C’era un motivo per queste disposizioni strategiche
o era solo il caso a volerlo? Per Liliana poteva valere l’astigmatismo che gli
occhiali perennemente inforcati correggevano e che le conferivano una
bellissima aria da bambina, ma per le altre? Renata l'ho sempre giudicata molto esuberante, pur non dedicandole, come mi ha fatto rimarcare oggi in una corrispondenza privata, molte attenzioni durante gli anni del liceo.... Forse, la giudicavo troppo diversa dal mio ideale femmineo: la capigliatura fiammeggiante, la coda di cavallo che sferzava l'aria, l'occhio che diritto ti puntava contro in silenzio l'aria indagatrice..... Le mie osservazioni della natura femminile mi portavano verso donne più introverse e quiete. Renata era forse anche più matura nei suoi atteggiamenti. Ma allora di certo non lo ammettevo.
Poi c'era Mara.. Mara si distingueva assieme a Pinuccia per l'eleganza nel vestire. Difficilmente la si poteva cogliere in panni comuni caratteristici soprattutto degli elementi maschili. Il suggello dell'insieme era poi rappresentato dai foulard di Hermes che sfoggiava, controccorrente, in quegli anni inquieti a cavallo del '68. Mara appare in un filmato di quegli anni che girai con una cinepresa "8" durante una mitica gita al forte di Fenestrelle: era una splendida giornata di autunno, luminosa e sferzata dal vento. In quelle immagini in bianco e nero che hanno ormai la patina dell'infinitamente lontano, si vedono capelli, bandane e sciarpe agitarsi al succedersi delle folate ventose..... Mara è vestita di tutto punto, incurante del carattere gitaiolo della giornata, vera impeccabile cittadina.
Poi c'era Mara.. Mara si distingueva assieme a Pinuccia per l'eleganza nel vestire. Difficilmente la si poteva cogliere in panni comuni caratteristici soprattutto degli elementi maschili. Il suggello dell'insieme era poi rappresentato dai foulard di Hermes che sfoggiava, controccorrente, in quegli anni inquieti a cavallo del '68. Mara appare in un filmato di quegli anni che girai con una cinepresa "8" durante una mitica gita al forte di Fenestrelle: era una splendida giornata di autunno, luminosa e sferzata dal vento. In quelle immagini in bianco e nero che hanno ormai la patina dell'infinitamente lontano, si vedono capelli, bandane e sciarpe agitarsi al succedersi delle folate ventose..... Mara è vestita di tutto punto, incurante del carattere gitaiolo della giornata, vera impeccabile cittadina.
Quello che fu un bene, a ripensarci, fu la natura mista della nostra sezione. Fino alle medie, comprese, ero stato in classi con rigida separazione dei sessi. Alla Pascoli in piazza Bernini, l'entrata dei maschi era addirittura distinta da quella delle femmine. Al liceo quindi incontrai per la prima volta quegli esseri strani e attraenti che erano le ragazze! Nei primi anni ci fu un certo ricambio. Molte allieve trasmigrarono ad altre scuole, spinte dall'insegnamento non certo accondiscendente verso chi non era all'altezza o che si pensava tale.... Altre arrivarono da sezioni sciolte. La nostra F fu sostanzialmente una classe tranquilla. Se fiorirono amori o si posero le basi per tale fiorire, il tutto fu sempre avvolto da una discrezione e un ritegno molto "sabaudi".
Post scriptum:
Renata mi fa notare, giustamente, che alcuni dei miei ricordi non sono molto precisi, nella disposizione di alcuni, nei banchi di scuola per esempio. Ha ragione, la memoria trasfigura, confonde e sfuma i contorni delle cose, dei personaggi e a volte delle vicende stesse. Ma non siamo degli storici, d'altronde e se qualche errore lo commetto, mi sia perdonato. Sono poco permaloso e accetto molto volentieri ogni suggerimento o precisazione.......
RENATA
Eri anche daltonico io ero bionda e non fiammeggiante portavo come si vede nelle foto una lunga treccia e solo l'ultimo anno mi è stato permesso di spargere la treccia vedi foto maturità, mai portato code di cavallo!!
PIERO
Il fiammeggiante si riferiva al color biondo/bianco e voleva essere un modo poetico di rappresentarti. I modelli matematici della realtà mal si applicano al corpo umano.
ELISA
Ringrazio Piero per i complimenti che mi rivolge. Non vorrei deluderlo nel rivelargli che la mia (per la verità dalla terza in poi non sempre) costante presenza al primo banco era anche dovuta alla miopia, corretta dal quarto anno con l'uso degli occhiali ed oggi (ahimé!) superata con il passaggio alla presbiopia da attempata (??!!) signora.
Un caro saluto,sghignazzare v. intr. [der. di ghignare, ghigno, col pref. s- (nel sign. 6) e con suff. peggiorativo] (aus. avere). – Ridere sguaiatamente, in modo sarcastico e provocatorio: non penso proprio che ci fosse permesso né che sia mai stato nella nostra natura. Spero che altri abbiano ben altri ricordi di me e Daniela. Non vorrei fare altri commenti , ma da ciò che scrive Piero deduco che Elisa era l'intelligente, Mara e Pinuccia le raffinate, Liliana una bambina bellissima , io e Daniela quelle sguaiate Bellissimo!!!!!!!!!!!
RENATA ( quando la classe non è acqua)
Piero:
Inutile dire che l'uso del verbo sghignazzare non voleva essere quello attribuitomi.... D'ora in poi, prima di azzardare un verbo o un semplice commento, consulterò il Dizionario etimologico per non incorrere in altre polemiche
Renata:
Non sono polemiche sono constatazioni. E poi quello era il tuo punto di vista , forse voci che ti sono arrivate, ma forse non ti sei mai chiesto se prendevamo appunti? mi spiace di averli buttati da poco, li ho conservati per lungo tempo, specialmente quelli di storia e filosofia.
Anno scolastico 1967/68 3°F (Renata Olivetti)
Ed eccomi coi miei nuovi compagni che mi accompagneranno quasi tutti fino alla fine del liceo. L'arrivo in questa nuova classe non mi riempì di gioia, loro erano già un gruppo coeso e io mi sentivo un pesce fuor d'acqua e soprattutto mi sentivo giudicata come una sfigata che non ce l'aveva fatta. Ero infelice e demotivata così mia madre andò a parlare con la prof.ssa Bruno, che mi conosceva fin dalla prima e mi che mi aveva sempre capita e stimolata, parlandole dei miei problemi e la prof consigliò a mia madre di socializzare con Neri e Mongiano che secondo lei sarebbero stati ottimi compagni ed amici sensibili. All'inizio pensai '' Ecco adesso devo anche sopportarmi questi due secchioni'', ma feci buon viso a cattivo gioco e cominciai ad avvicinarmi a loro Solo col tempo ebbi modo di capire che la Prof non era solo un'ottima insegnante, ma una anche una profonda conoscitrice dell'animo umano, infatti Riccardo ed Elisa si rivelarono degli ottimi e sinceri amici che mi furono vicini negli avvenimenti più tristi dandomi la forza di affrontare più serenamente un futuro pieno di incognite. Franco Bagagli lo scoprii più tardi, un simpaticone anche lui molto studioso e soprattutto altruista, era spesso preso in giro da me, Riccardo ed Elisa per certi aspetti del suo carattere e lui ribadiva sempre paziente ed arguto. un vero compagnone!!!!!!
sabato 8 novembre 2014
Come giunsi ad iscrivermi al Galfer e alla sez. F. (Valter Morizio)
Piero ha ricordato la prematura morte del Preside Savio e questo mi ha fatto ricordare come giunsi ad iscrivermi al Galfer e alla sez. F.
Diciamo innanzi tutto che iscriversi, dopo le medie, al Galileo Ferraris per chi veniva dalla provincia non era cosa semplice, in particolar modo se non si voleva finire in qualche succursale.
Il Prof. Savio era un cliente di mio padre, che era un capo officina di una concessionaria della Lancia (nonchè il primo nucleo della squadra corse rally con le mitiche Fulvia HF coupè rosse/nere sotto la guida di Cesare Fiorio). Mio padre gli disse che voleva iscrivermi al Galfer. Il prof. Savio gli disse che le iscrizioni nelle prime sezioni erano già praticamente complete. Gli chiese quale lingua straniera volevo seguire. Mio padre disse che alle medie avevo fatto francese. Il prof. Savio si prese nota del mio nome-cognome e gli disse che avrebbe visto se nella sez. F (francese) c' erano ancora posti liberi. Qualche giorno dopo telefonò a mio padre e gli disse che c'era ancora uno/due posti e che quindi bisognava iscrivermi subito!! Fu così che giunsi fra voi. Il Prof. Savio non lo conobbi mai.
Ammetto sono stato iscritto al Galfer, sez. F su ......raccomandazione. Così andava l' Italia e così va ancora, non mi sembra sia cambiata molto.
Mio padre poi mi disse che il Preside era stato stroncato da un infarto .
Diciamo innanzi tutto che iscriversi, dopo le medie, al Galileo Ferraris per chi veniva dalla provincia non era cosa semplice, in particolar modo se non si voleva finire in qualche succursale.
Il Prof. Savio era un cliente di mio padre, che era un capo officina di una concessionaria della Lancia (nonchè il primo nucleo della squadra corse rally con le mitiche Fulvia HF coupè rosse/nere sotto la guida di Cesare Fiorio). Mio padre gli disse che voleva iscrivermi al Galfer. Il prof. Savio gli disse che le iscrizioni nelle prime sezioni erano già praticamente complete. Gli chiese quale lingua straniera volevo seguire. Mio padre disse che alle medie avevo fatto francese. Il prof. Savio si prese nota del mio nome-cognome e gli disse che avrebbe visto se nella sez. F (francese) c' erano ancora posti liberi. Qualche giorno dopo telefonò a mio padre e gli disse che c'era ancora uno/due posti e che quindi bisognava iscrivermi subito!! Fu così che giunsi fra voi. Il Prof. Savio non lo conobbi mai.
Ammetto sono stato iscritto al Galfer, sez. F su ......raccomandazione. Così andava l' Italia e così va ancora, non mi sembra sia cambiata molto.
Mio padre poi mi disse che il Preside era stato stroncato da un infarto .
giovedì 6 novembre 2014
Incontro del 22 ottobre 2014 (di Renata Olivetti)
Il 22 ottobre 2014 io, Elisa, Mara e Lucia ci siamo incontrate in un ventoso pomeriggio presso il bar La Croisette. E' stato un pomeriggio veramente piacevole ed emozionante, pieno di piacevoli ricordi.
Il liceo oscuro: di morti e altre tristi vicende negli anni '60 (di Piero Seinera)
E' stata una sorpresa grande scoprire che la storia del Galileo Ferraris è fatta anche di episodi dolorosi e drammatici accaduti, sia dentro le sue mura che fuori. Non ricordavo nulla di queste tristi vicende se non la morte del preside. Dell'episodio qui sotto, Ennio Prudenza ebbe la sfortuna di essere testimone. Fu aprendo casualmente la finestra dell'aula al terzo piano che vide la ragazza nell'atto di precipitare nel vuoto. Un ricordo che ancora oggi, a distanza di tanti anni, lo turba.
Riccardo (Neri):
Di tutti questi fatti tragici non conservo il minimo ricordo. Dovevo aver saputo della morte del preside: dopo aver letto il testo qualche cosa si è risvegliato in qualche angolo oscuro del cervello. Ma di tutti gli altri, niente. Mi colpisce soprattutto non ricordare nulla del suicidio, ma forse non se n'era parlato.
Venerdì 7 Maggio 1965 LA STAMPA
Una inesplicabile tragedia al "Galileo Ferraris"
Una studentessa di 15
anni si getta dalla finestra del liceo: morente
Graziosa, intelligente, amata dalla famiglia - Ma prima di
compiere il gesto disperato ha lasciato scritto: « La morte è amica mia, sono
circondata da un doppio filo spinato » - Sembra che già altre volte avesse
tentato il suicidio
Una studentessa di 15 anni è in condizioni gravissime
all'ospedale Maria Vittoria. Ha tentato il suicidio lanciandosi da una finestra
del liceo scientifico Galileo Ferraris di via Montevecchio 67, dove frequenta
il primo corso nella classe A. Protagonista dello sconcertante dramma (non
pubblichiamo il nome perché si tratta di una minorenne) è una graziosa ragazza
che abita con i genitori e un fratello dodicenne in via San Paolo, una casetta
a due piani: uno degli alloggi o occupato dalla famiglia della sventurata,
l'altro da quella di uno zio. Il padre è impiegato in una grande industria. Sia
lui che la moglie hanno sempre circondato di tenerezza e di premure la
primogenita; il gesto disperato non può essere quindi attribuito a contrasti o
incomprensioni. L'unica possibile spiegazione bisogna cercarla in uno
squilibrio psichico della ragazza, in parte dovuto ai turbamenti
dell'adolescenza e in parte al suo temperamento ipersensibile e melanconico.
Superate brillantemente le medie presso l'istituto Maria Mazzarello di via Cumiana,
la ragazza si era iscritta nell'ottobre scorso al Liceo scientifico Galileo
Ferraris. Il passaggio da un tipo di scuola non ancora impegnativo, in un
ambiente quasi familiare, come lo sono in genere gli istituti parificati, a
quello, più dinamico e congestionato, del liceo, aveva avuto qualche strascico
nel suo carattere introverso e incline alla tristezza. Nel primo trimestre, la
sua pagella recava alcune insufficienze. Una logica parentesi di
acclimatazione, tant'è vero che nel secondo trimestre aveva ottenuto la media
del 7, pur non essendo di natura sgobbona. Dice la sua professoressa di Lettere,
signora Enrica Volante: «E' una ragazza molto intelligente, che apprende con
facilità. Poco comunicativa, ma senza legittimare il sospetto che le sue
anomalie fossero tanto gravi da spingerla all'atto disperato. Circa un mese fa avevo
convocato la madre, consigliandola di affidarla ad uno specialista di malattie
nervose. La vedevo strana, notavo in lei repentini sbalzi dall'allegria
all'abulia ». Che qualcosa non funzionasse, nella psiche della giovane, lo
confermano episodi dì vario genere. A quanto risulta, già all'età di dieci anni
e ancora alla vigilia di Pasqua, avrebbe cercato d'uccidersi: una volta con
sostanze tossiche, l'altra tagliandosi i polsi con una lametta. Dieci giorni fa
aveva portato in classe una boccetta ricolma di polvere bianca. « Vedete —
aveva detto alle amiche — con questa potrei morire ». Alle compagne, confessava
spesso che di notte non riusciva a dormire. «Passo le ore — spiegava — pensando
a me stessa. Sono gli unici momenti in cui mi sento veramente felice, perché
non devo continuare a fingere ». Considerazioni strane, in una giovane
circondata dall'affetto e alla quale non mancava nulla.
Domenica 8 Maggio 1966 LA STAMPA
Tragico episodio al liceo Galileo Ferraris
Studente di 17 anni cade in palestra batte la testa, muore poche ore dopo La
disgrazia durante una partita di pallavolo - Il giovane, sportivo forte e
ardito, si è fratturato l'osso parietale - Figlio del reumatologo prof. Daneo -
I disperati tentativi dei medici non hanno potuto evitare la fine
Uno studente è morto dodici ore
dopo un infortunio che gli era accaduto nella palestra della scuola durante
l'ora di ginnastica. Si chiamava Giorgio
Daneo, aveva 17 anni, abitava in corso Matteotti 36. Il padre, prof. Vittorio,
è libero docente di reumatologia e cardiologia, aiuto del professor Robecchi;
anche la madre, dott.ssa Laura Sisto, è laureata in medicina. Avevano soltanto
questo figlio. Giorgio frequentava la IV B del liceo scientifico Galileo
Ferraris. Era uno degli allievi più brillanti e più popolari del suo corso. Un
bel ragazzo, irrobustito e reso intrepido dallo sport. Era soprattutto
appassionato di vela ed aveva partecipato a diverse competizioni. L'ultimo
successo l'aveva ottenuto due settimane fa a Como. Ieri mattina la sua classe
aveva l'ora di ginnastica alle 10. I ragazzi hanno incominciato con esercizi di
pallavolo. L'incidente è accaduto dopo cinque minuti di gioco. Giorgio ha
ricevuto la palla da un compagno ed è corso per lanciarla nel campo opposto, ma
sullo slancio è finito contro la rete, che l'ha respinto con forza. Il ragazzo
è caduto, ha battuto la nuca. Sono accorsi i compagni e l'insegnante. Sembrava
un incidente da poco, come ne accadono sovente in palestra e senza conseguenze.
Ma Giorgio non si muoveva, era molto pallido. Hanno cercato di rianimarlo, ma
ogni tentativo è stato inutile. E' stato avvertito il preside, che ha chiamato
un'ambulanza ed ha informato i genitori. Il ragazzo è stato trasportato al
Mauriziano, dove lo hanno raggiunto prima la madre poi il padre. Sono state
praticate diverse cure e, nel pomeriggio, Giorgio ha ripreso conoscenza. Subito
ha sorriso ai genitori per tranquillizzarli. Essi avevano vissuto cinque ore
d'ansia e d'angoscia, ma ora la loro paura sembrava passata. La madre
accarezzava la fronte sudata del figlio, gli diceva di non parlare, di stare
calmo, di riposare. A tarda sera Giorgio è stato colto da vomito. I genitori,
entrambi medici, hanno subito capito e sono stati ripresi dalla paura. Il padre
ha tastato il polso del figlio e lo ha sentito troppo debole. Poi le condizioni
del ragazzo sono precipitate. Giorgio non ha più potuto rispondere alle domande
dei genitori, i quali non si sono fatti illusioni. Restava soltanto la
speranza. Ma dopo un quarto d'ora, quando hanno visto aprirsi la porta della
camera operatoria, hanno capito che non c'era più nemmeno la speranza. Il loro
ragazzo era morto per la frattura del parietale e compressione cerebrale. Sono
entrati e sono rimasti parecchie ore accanto al figlio, immobili, senza una
parola.
LUNEDI' 28 NOVEMBRE 1966
Mi sono ricordato che in uno dei primi anni di Liceo ci fu l'episodio drammatico di una morte. Non ricordavo però di chi... Poco fa sono riuscito casualmente a risalire al fatto. Nel novembre del 1966 il preside Savio morì di infarto in montagna, mentre sciava. La notizia fu riportata su giornale cittadino con tanto di foto e accurata descrizione del decesso. Nella biblioteca posta a destra dell'atrio di ingresso, fu allestita la camera ardente con esposizione della salma. Fui tra quelli che si recarono a renderle omaggio. Non so se fu un atto spontaneo o un consiglio degli insegnanti.
Pochi giorni dopo, il 7 dicembre, un'altra disgrazia si abbatteva nelle tranquille aule del liceo. Due giovani del 5°anno morivano sui campi da sci del Monginevro travolti da una slavina. Di questo episodio però non ho conservato memoria
Pochi giorni dopo, il 7 dicembre, un'altra disgrazia si abbatteva nelle tranquille aule del liceo. Due giovani del 5°anno morivano sui campi da sci del Monginevro travolti da una slavina. Di questo episodio però non ho conservato memoria
Nel gennaio del 68 a morire di epatite virale fulminante è uno studente del secondo anno. Anche di questo espisodio non ricordo nulla..
http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,2/articleid,0112_02_1966_0271_0002_5586096/
http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,2/articleid,0118_01_1968_0049_0002_5158035/
E da ultimo, verso la fine del nostro terzo anno, un altro episodio drammatico, anche questo dimenticato
mercoledì 5 novembre 2014
La maturità della sezione F. Gli articoli de La Stampa (di Piero Seinera)
LA STAMPA - Sabato 18
Luglio 1970
Una mattinata tra i
ragazzi del Galileo Ferraris
Minigonne e maniche
di camicia ma idee chiare e molta serietà
Esami di maturità
senza inutili formalismi, in un clima di dialogo sereno
Tocca ora a una ragazzina bruna con gli occhi azzurri:
qualcuno osserva che è la bella copia di Romina Power. Per farsi passare
l'affanno si è fatta accompagnare dal fidanzato che segue le fasi dell'esame
più rosso e più emozionato di lei. Partenza con scienze. PROFESSORE: « Vediamo
qualcosa del Sole e del sistema solare... CANDIDATA: « Il Sole dista 149 milioni 500
mila chilometri dalla Terra... », spiega che appartiene alle u stelle gialle»,
ne elenca le caratteristiche. Dimostra di sapere tutto sulle macchie solari.
PROFESSORE: Le macchie vanno da Ovest
verso Est, spariscono periodicamente, poi ricompaiono. Che cosa significa? »
CANDIDATA: «Che il Sole si muove... ». Ne spiega i movimenti, passa alle teorie
sul sistema solare. Sa tutto su quella di Tolomeo, non ha esitazioni per il
resto: Keplero, Galileo, Copernico Newton Parla dei satelliti di altri pianeti.
PROFESSORE: «Brava. Passiamo ai venti locali ». CANDIDATA: si confonde, ma poi
riesce a riprendersi bene. Parla di venti periodici e venti irregolari, dice
che « la bora soffia su Trieste da Nord ed arriva a Roma trasformata in
tramontana ». Dimostra di saperla lunga anche sulle acque sotterranee e sul
bradisismi. Chiude con una brillante risposta sulla fossilizzazione. Seconda
materia, italiano. PROFESSORE: « Purtroppo nello scritto lei si è persa in
considerazioni irrazionali e troppo avveniristiche. Per darle la possibilità di
rimediare, le lascio scegliere un argomento che le piace. CANDIDATA: Vorrei parlare del verismo «Comincio dal
naturalismo che nasce in Francia con Zola. [omissis]Spiega, commenta, critica,
sottolinea con calore. Si merita un elogio.
STAMPA SERA Mercoledì
5 - Giovedì 6 Agosto 1970
Ed ecco altri
risultati: LICEO SCIENTIFICO GALILEO FERRARIS
Commissione della prof. Serra. Sez. F: 30, 1 respinto. I più
bravi sono: Franco Bagagli e Roberto Nucera, 60; Elisa Mongiano e Riccardo
Neri, 51; Elisio Maggiora, 50.
Questo dunque è quanto sono riuscito a ricavare dalle pagine del nostro giornale cittadino relativo alla nostra prova d'esame. Renata (Olivetti) ci segnala che la bella ragazza dagli occhi azzurri, copia di Romina Power, è in realtà Mara Gianolio. Ecco un'altro particolare che mi era sconosciuto......
Sui nomi dei più bravi avevo pochi dubbi, la mia memoria non mi aveva ingannato: troviamo infatti le eccellenze note.
Commento di Renata:
Commento di Renata:
Le foto sono relative all'articolo e scattate da Mario Solavaggione, allora il mio fidanzato.
Un ricordo e un ringraziamento per averci lasciato queste foto di uno dei momenti più importanti della nostra vita
la Repubblica 20.1.2010
E' morto Mario Solavaggione storico fotoreporter piemontese
IL MONDO del giornalismo piemontese è in lutto per la scomparsa di Mario Solavaggione, fotoreporter attivo da oltre 30 anni sulle maggiori testate della regione. Il decesso è avvenuto nella notte, all' età di 57 anni, mentre si trovava in una casa di cura di Castelnuovo Don Bosco (Alessandria), da un male incurabile. Solavaggione aveva iniziato la sua attività in testate del Braidese, di cui era originario, per poi approdare a La Stampa negli anni ' 70. All' inizio del decennio successivo una prima svolta, con il trasferimento in Africa, in cui rimase per un decennio. Negli anni ' 90 e' tornato a Torino lavorando come freelance per diverse testate. I funerali si svolgeranno domani alle 10 nella chiesa di San Giovanni a Bra (Cuneo).
A.S 1966/67 Renata 3°F
A.S. 1966/67
Ed eccomi in terza. Eravamo rimasti in pochi, tra i più
affezionati avevo perso: Flavio, Dario, Valerio, Vanna, che comunque avrei
ritrovato l'anno successivo. Finalmente una classe un po' meno numerosa, anche
se l'arrivo di nuovi compagni portò una certa divisione a gruppetti e il clima
non era più quello degli anni precedenti. I nuovi arrivati erano più politicizzati
e trovarono un appoggio, anzi un promotore delle loro teorie, nel nuovo professore
di Storia e Filosofia, Sante Manghi. Fu un'antipatia a prima vista. Non
sopportavo il suo modo di cercare di cambiarci e di imporci le sue idee;
inoltre se non le condividevi, erano guai nelle interrogazioni. Per quanto
avessi studiato, c'era sempre qualcosa che non andava, mentre i suoi seguaci,
qualunque sciocchezza dicessero, erano maturi e profondi.
Fu il peggiore degli anni del liceo. Il 12 novembre
improvvisamente, una sera, mentre cenavamo, mia nonna reclinò il capo e
ci lasciò per sempre. Per me fu un colpo durissimo, era la prima persona (di
una lunga serie) a me cara che mi lasciava, persi per sempre quella mia
spumeggiante voglia di vivere, che mi derivava dal credere che la vita fosse
fatta solo di lieti eventi. Mi ricordo con molta tenerezza la telefonata di
Vanna che invano cercava di consolarmi, sommersa dalle mie lacrime e dai miei
singhiozzi.
Tornai a scuola malvolentieri, non provavo
più interesse per nulla e subivo più o meno passivamente l'evolversi degli eventi.
Un ricordo particolare lo rivolgo a un mio nuovo compagno (terzo da destra in
seconda fila), ragazzo molto estroverso e simpatico Salvatore Sciuto,
appassionato di moto, che teneva un po' su il morale di una classe in perenne
conflitto. Si cominciavano a sentire le prime avvisaglie di quel malcontento
che sarebbe poi sfociato nelle rivolte studentesche del '68. Devo dire che
questa era una classe molto politicizzata. E per chiudere l'anno in bellezza,
mi arrivò una solenne bocciatura a giugno. Volevo cambiare scuola, non
riconoscevo più in quel liceo i principi che mi avevano spinto a sceglierlo,
poi, convinta da alcuni professori che cambiando classe e alcuni docenti avrei
ritrovato la serenità e la fiducia che avevo perso, mi riscrissi in 3° F.
Ricordo di un compagno scomparso
In corso Marconi angolo via Ormea lo Sciuto si è scontrato con una 124, condotta da Bruno Dotta, 42 anni, Bruxelles, Avenue du Polo 45.
martedì 4 novembre 2014
Vanna Ossella (di Piero Seinera, Riccardo Neri, Valter Morizio e Roberto Nucera)
Ieri, nella ricorrenza dei morti, sono stato al Cimitero Monumentale. Non avevo nessuna cara persona da onorare, la ressa che in quell'unico giorno anima i viali del luogo, mi infastidisce ma ci sono andato comunque. La giornata era piacevolemnet tiepida, insolita per la stagione e in particolare per questo giorno che da sempre ricordo cupo e con cieli velati dalla foschia autunnale. Erano anni anche che non pensavo a Vanna. Ho in mente ancora quell'ultima volta che la vidi nell'estate , credo del '70. La scuola era finita, con la maturità, lei era stata bocciata, io sia pur senza onori ce l'avevo fatta. Ci trovammo a Bruzolo dove lei aveva la famiglia e passammo due ore a camminare e a parlare dell'anno finito e di quel che avremmo fatto. Parlare con lei era piacevole, tranquilla sempre, con gli occhi che ti fissavano assorti, mai distante o distratta. Ci lasciammo con l'intenzione di ritorvarci in città qualche tempo dopo. E invece.... Sono tornato una decina di anni fa al suo paese. Ho visitato il piccolo cimitero, arroccato in cima alle case attorno alla chiesa parrocchiale, ma di lei non ho trovato traccia. All'uscita sul muricciolo che costeggia la strada che porta alla chiesa vidi una vecchietta intenta a parlare con un compaesano. Ricordavano la bella ragazza che "faceva l'indossatrice" e la madre di lei che fino a poco tempo prima era stata li a passare i suoi ultimi anni. "Ma non è sepolta qui, è a Torino, penso" mi disse l'anziana.
Ieri il 2 novembre mi sono ricordato di questo episodio e mi sono messo alla ricerca di Vanna. Nel primitivo ovest ho trovato infine la cappella di famiglia. La foto che la ritrae è quella di lei con i boccoli bruni, molto giovane e carina. Vanna Laura Bausano nata Ossella 1950-1995.
Era giovane....
PS: un grazie a Riccardo Neri che ha corretto un mio errore temporale.....
Valter Morizio:
Credo, Piero, che fosse l'estate del '68. Vanna in IV era con noi , come si vede dalla foto. Bruzolo, non sapevo che lei fosse di quel paesino vicino a Susa (da non confondere con Brozolo vicino a San Mauro). Mi chiedo dov'ero in quegli anni? So così poco di voi compagni/compagne di liceo. Molte, troppe cose che ora voi raccontate , mi erano sconosciute. Chissà forse frequentavo un'altra classe!!! Perchè non ero con voi Non lo so. Che cosa ci divideva? Forse la lontananza? A Bruzolo a cavallo del 2000 (mi ricordo l'alluvione) vi ho lavorato: Ma non immaginavo minimamente che la ragazza più bella della classe (mi scuseranno le altre compagne, ma per noi maschietti era così) aveva lì le sue origini. Ma lei non c'era già più. aveva solo 45 anni!! Troppo pochi.
Riccardo Neri:
Vanna era molto spaventata alla maturità. Si sentiva impreparata. Ne parlammo e io cercai di rassicurarla. Non ci conoscevamo molto, ma quel giorno passavamo tutti e due, lei credo subito dopo di me, visto che i nostri cognomi erano vicini nell'ordine alfabetico. Le chiesero i bradisismi e lei fece l'esempio di Paestum. Qualcuno le chiese dove si trovava Paestum. Lei rispose "In Grecia". Ricordo la risata della commissione. Io mi sentii gelare a quella risata. E nulla mi ha mai tolto dalla testa che lei sia stata bocciata per quella risposta. D'altronde i membri di quella commissione erano dei cani. Credo (Valter smentiscimi se mi sbaglio) che Valter portasse Dante e quell'idiota (in altro modo non si può definire) dell'insegnante di italiano gli disse, ridendo, qualche cosa del tipo "Si studia ancora Dante?". C'era stato il 68, ma un insegnante di italiano che ritiene Dante superato è un idiota.
Roberto Nucera:
Sono d'accordo con Riccardo. La commissione di maturità o almeno alcuni suoi componenti erano decisamente faziosi. Io avevo fatto il tema sulla questione meridionale, perché avevo letto un libro di storia dal nome che era un programma "Proletari senza rivoluzione" che mi aveva dato le "basi" di storia.
Ebbene l'insegnante di italiano mi disse, ancora prima dell'esame, incontrandomi in corridoio che era un bellissimo tema. Ma come era possibile: c'era forse qualche idea ma io purtroppo scrivevo e ancora scrivo con fatica e incertezza. Fu per quel tema che presi 60, Lo avevo già capito allora, per cui non diedi molta importanza a quel voto. Poi avendo partecipato a diverse "maturità" come insegnante, ho avuto conferma di una certa "opinabilità" nei voti... Vanna era passata dopo di me e Dario Oldani , ma io non mi ero fermato neanche a sentire Dario.
Era per me un momento magico: avevo iniziato una "affettuosa amicizia" con una ragazza di 5 E e mi sembrava di vivere in una bolla di sapone.
La mattina prima dell'esame orale, Vanna venne a casa mia preoccupata per l'interrogazione, ma io tutto preso da me stesso, dalle mie giovanili e immature interpretazioni sociali della cultura letteraria, non fui in grado di aiutarla. Andai a casa sua dopo i risultati dell'esame. Vanna era dispiaciuta ovviamente, ma non da perdere la sua serenità e quel suo certo distacco dal resto del mondo che la contraddistingueva. La mia amicizia con Vanna era stata una bella amicizia , ma vale la pena raccontarla con più calma in un post dedicato.
domenica 2 novembre 2014
L' ultima volta che incontrai Ezio (Valter Morizio)
Dopo il liceo lo incontrai qualche volta lungo gli enormi corridoi del Poli, spesso era in compagnia di Efisio. Un rapido scambio di saluti, non molte parole, un : "Ciao, come stai ? A che punto sei con gli esami?". Non molto di più , purtroppo. Frequentavamo corsi di laurea diversi: lui chimica, io civile e le nostre strade ben presto si erano divise, già a livello del biennio. Sapevo che il suo corso era molto più duro del mio, aveva professori che caratterizzavano il Poli di quegli anni.
Finito il Poli non lo vidi più.
A metà degli anni '80 (1984/85), ero AD di una ditta di impianti elettrici, che stava realizzando gli impianti dell'Ospedale di Rivoli. Un giorno si presentò in azienda il funzionario tecnico-commerciale della Telemecanique, una multinazionale francese di apparecchiature elettriche. Era lui, Ezio Riva. Mi fece molto piacere rivederlo. Credo mi disse che era sposato e che aveva un figlio. Io non ero sposato. Facemmo un po' di amarcord, degli anni del liceo e poi del Poli, mi raccontò le sue esperienze lavorative ed io le mie. Mi ricordo che fumava, non mi sembrava di averlo mai visto fumare prima. Poi passammo all' argomento dell' incontro, ovvero le forniture per l'ospedale. Ci sentimmo ancora qualche volta per lavoro, se non ricordo male venne da me qualche altra volta, poche. Poi cambiai lavoro e non lo rividi mai più. Solo in questi mesi ho saputo che pochi anni fa è mancato. Gli sia lieve la terra.
Valter
Finito il Poli non lo vidi più.
A metà degli anni '80 (1984/85), ero AD di una ditta di impianti elettrici, che stava realizzando gli impianti dell'Ospedale di Rivoli. Un giorno si presentò in azienda il funzionario tecnico-commerciale della Telemecanique, una multinazionale francese di apparecchiature elettriche. Era lui, Ezio Riva. Mi fece molto piacere rivederlo. Credo mi disse che era sposato e che aveva un figlio. Io non ero sposato. Facemmo un po' di amarcord, degli anni del liceo e poi del Poli, mi raccontò le sue esperienze lavorative ed io le mie. Mi ricordo che fumava, non mi sembrava di averlo mai visto fumare prima. Poi passammo all' argomento dell' incontro, ovvero le forniture per l'ospedale. Ci sentimmo ancora qualche volta per lavoro, se non ricordo male venne da me qualche altra volta, poche. Poi cambiai lavoro e non lo rividi mai più. Solo in questi mesi ho saputo che pochi anni fa è mancato. Gli sia lieve la terra.
Valter
martedì 28 ottobre 2014
Ricordo di Ezio Riva (1951-2003) di Piero Seinera
Al Galfer quel giorno d'autunno del 1965 ci arrivammo a piedi. Partendo da corso Ferrucci e percorrendo il lungo viale alberato di corso Castelfidardo, tra le foglie degli ippocastani e i loro frutti lisci e inutili. Avevamo fatto insieme i tre anni delle medie alla Pascoli e ora ci apprestavamo al grande salto...... Ezio era stato sempre considerato il piccolo della nostra classe, non solo per via della statura ma anche e soprattutto, per un certo delicato e gentile modo di presentarsi alle persone. Ci fu un giorno, nel corso del primo anno di Liceo, che lo affiancai lungo la strada verso la scuola e notai con grande stupore che fra le labbra stringeva una sigaretta. Il fumo gli saliva agli occhi, che teneva socchiusi e l'espressionedel viso era intenta e concentrata. "Fumi? gli dissi... ed ero veramente stupito perchè allora questa abitudine l'avevo sempre considerata cosa da adulti. Rispose con un semplice "Si, certo....". Ma per me il suo "Certo" era tutt'altro che scontato. Vedere lui, piccolino, stringere tra le dita un mozzicone fumante, era quanto di più strano potessi immaginare. Altri tempi, illuminati da una inconsapevole ingenuità...... " La nostra amicizia, se alle medie era stata improntata ad una certa formalità, ora si era fatta più profonda. Condividevamo preoccupazioni e speranze, l'intimità dei nostri discorsi era intensa e curiosa. Negli ultimi anni di Liceo il mio status di "accoppiato" non mi aveva impedito di continuare a coltivare la sua amicizia. Con il diploma, le nostre strade presero direzioni diverse, lui verso il Politecnico, io verso medicina. Ciononostante ci furono i bei viaggi, in Scandinavia, in Spagna e da ultimo in Calabria nel 74.
Ogni anno per molti anni continuammo a vederci sempre ritovando quel piacere della confidenza, del pettegolezzo bonario, del parlare, ora uomini fatti, della vita. A volte parlava con enfasi e allora mi veniva spontaneo prenderlo in giro, perchè da quel suo essere "il piccolo" non ne uscì forse mai, per me. Presente alla nascita di suo figlio (per via del mio mestiere...) , me lo ricordo felice e commosso.
Nella primavera del 2003 di prima mattina mi chiamò al telefono Riccardo (Belli). "Ezio è morto, stanotte. Vieni" Ho pensato tante cose mentre mi recavo verso casa sua, in quella Torino di periferia, grigia e fredda. Quella mattina è stata forse la prima volta che ho visto nell'espressione rilassata ed irragiungibile di una persona cara che non c'è più, qualcosa di irreparabile e di grande malinconia.
venerdì 24 ottobre 2014
Ora di ginnastica: Il Bertacchini.......
Chi non ricorda le ore oziose del "far nulla" che da sempre caratterizzano l'ora di ginnastica, a qualsiasi latitudine e in qualunque realtà scolastica dello stivale? Il nostro liceo su questo non faceva eccezione. A mala pena si ricordano i professori che si sono succeduti per contribuire a fare di noi, nel decennio del '60, adolescenti atletici esempi di una gioventù sana e dinamica. Il Bertacchini lo ricordo più per la sua compassata eleganza che per l'insegnamenti dati. Arrivava in classe per lo più con completi accuratamente confezionati, in genere sul beigiolino e ci lasciava ampio margine di libertà discrezionale. Nel ricordo l'ho sempre più assimilato ad un Curzio Malaparte ceduto all'insegnamento, di certo più per quei capelli stirati all'indietro (chissà se usava la brillantina...) e l'espressione svagata e un tantino snob, che per sfoggio di cultura e desiderio di insegnare alcunchè. Quanto sarà stato con noi? Non so, forse qualcuno dei miei silenziosi compagni di corso lo ricorda....
Ho trovato, sfogliando le pagine de La Stampa un necrologio che forse gli appartiene...
Gaetano Bertacchini
Insegnante
Ne danno il doloroso annuncio: la sorella, il cognato, nipote e parenti tutti. La salma partirà dall'Ospedale Molinette il giorno 13 cm. Per orario funerali telefonare al n°.....
Torino, 11 settembre 1980
martedì 14 ottobre 2014
Tracce della Professoressa Tira (di Piero Seinera)
Me lo sono chiesto soltanto anni dopo: perchè aveva abbandonato quel suo cognome da nubile, Griseri, nome gentile e soave, che scivola via tra lingua e palato, per adottare quello secco, molto teutonico del marito, cattedratico universitario, Tira. Certo "Tira" è nome imperioso che ricorda solida determinazione e attitudine al comando..... Griseri poco si addiceva forse a quegli occhi azzurri che sollevandosi lentamente dal registro di classe, attraversavano lo spazio per raggiungere il tuo capo reclinato sul nulla di un esercizio non finito o di un teorema mal digerito.... In quei momenti, per gli alunni come il sottoscritto, che per matematica provavano un sacro terrore, germinato da una inattitudine quasi genetica alla materia...., la professoressa, cui la natura aveva riservato una statura davvero minima, diventava gigantesca e di carnivora sembianza. I voti, che molti le han riconosciuti dispensati con saggezza e giustizia, erano spesso per me situati sul confine mediocre del 5 a 6. Eppure me la cavai anche in quell'anno o due che la Nostra sedette dietro la cattedra. Ci lasciò, si disse anni dopo, per fare carriera nel mondo universitario, ma di questo non ho notizie certe.
Ho cercato nel web tracce di lei, spinto dalla mia nevrosi di conoscere le vite altrui....
Griseri Tira Bruna nata 1 febbraio 1927 a Mondovì.
Ho cercato nel web tracce di lei, spinto dalla mia nevrosi di conoscere le vite altrui....
Griseri Tira Bruna nata 1 febbraio 1927 a Mondovì.
Una citazione della nostra si trova in:
Numeri, atomi e alambicchi. Donne e scienza in Piemonte dal 1840 al 1960. Centro Studi e documentazione pensiero femminile. Torino, 2008, pp 238-239
Negli anni del liceo viveva in - Via Maria Vittoria 42 bis poi si trasferì in via Giolitti dove, penso, viva tuttora.
Negli anni 60 la professoressa pubblicò un libro che riscosse un certo successo, si tratta di Appunti di istituzioni matematiche Tirrenia-Stampatori - 1968
Aggiornamento novembre 2014:
La Professoressa Tira è ancora in piena salute ed attiva! L'abbiamo contattata per iscritto (abita in centro) io e Roberto e l'altra sera ha telefonato a Nucera. Era contenta ci fossimo ricordati di lei. Lei, dal canto suo, ricordava Mongiano, Maggiora e Neri. Insegna ancora al doposcuola del Maria Ausiliatrice nonostante i suoi 87 anni! L'avevamo invitata per un the ma ha glissato, il che è comprensibile.... La professoressa Tira è l'ultima rappresentante della vecchia generazione dei nostri professori. Ci sono stati inseguito le varie Catti, Mondino, Romero, il Facchinelli, il Castagnotto ecc ma apprtenevano da un' età più prossima alla nostra.....
Negli anni 60 la professoressa pubblicò un libro che riscosse un certo successo, si tratta di Appunti di istituzioni matematiche Tirrenia-Stampatori - 1968
Aggiornamento novembre 2014:
La Professoressa Tira è ancora in piena salute ed attiva! L'abbiamo contattata per iscritto (abita in centro) io e Roberto e l'altra sera ha telefonato a Nucera. Era contenta ci fossimo ricordati di lei. Lei, dal canto suo, ricordava Mongiano, Maggiora e Neri. Insegna ancora al doposcuola del Maria Ausiliatrice nonostante i suoi 87 anni! L'avevamo invitata per un the ma ha glissato, il che è comprensibile.... La professoressa Tira è l'ultima rappresentante della vecchia generazione dei nostri professori. Ci sono stati inseguito le varie Catti, Mondino, Romero, il Facchinelli, il Castagnotto ecc ma apprtenevano da un' età più prossima alla nostra.....
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