martedì 28 ottobre 2014

Ricordo di Ezio Riva (1951-2003) di Piero Seinera


Al Galfer quel giorno d'autunno del 1965 ci arrivammo a piedi. Partendo da corso Ferrucci e percorrendo il lungo viale alberato di corso Castelfidardo, tra le foglie degli ippocastani e i loro frutti lisci e inutili. Avevamo fatto insieme i tre anni delle medie alla Pascoli e ora ci apprestavamo al grande salto...... Ezio era stato sempre considerato il piccolo della nostra classe, non solo per via della statura ma anche e soprattutto, per un certo delicato e gentile modo di presentarsi alle persone. Ci fu un giorno, nel corso del primo anno di Liceo, che lo affiancai lungo la strada verso la scuola e notai con grande stupore che fra le labbra stringeva una sigaretta. Il fumo gli saliva agli occhi, che teneva socchiusi e l'espressionedel viso era intenta e concentrata. "Fumi? gli dissi... ed ero veramente stupito perchè allora questa abitudine l'avevo sempre considerata cosa da adulti. Rispose con un semplice "Si, certo....". Ma per me il suo "Certo" era tutt'altro che scontato. Vedere lui, piccolino, stringere tra le dita un mozzicone fumante, era quanto di più strano potessi immaginare. Altri tempi, illuminati da una inconsapevole ingenuità...... "  La nostra amicizia, se alle medie era stata improntata ad una certa formalità, ora si era fatta più profonda. Condividevamo preoccupazioni e speranze, l'intimità dei nostri discorsi era intensa e curiosa. Negli ultimi anni di Liceo il mio status di "accoppiato" non mi aveva impedito di continuare a coltivare la sua amicizia. Con il diploma, le nostre strade presero direzioni diverse, lui verso il Politecnico, io verso medicina. Ciononostante ci furono i bei viaggi, in Scandinavia, in Spagna e da ultimo in Calabria nel 74.
Ogni anno per molti anni continuammo a vederci sempre ritovando quel piacere della confidenza, del pettegolezzo bonario, del parlare, ora uomini fatti, della vita. A volte parlava con enfasi e allora mi veniva spontaneo prenderlo in giro, perchè da quel suo essere "il piccolo" non ne uscì forse mai, per me. Presente alla nascita di suo figlio (per via del mio mestiere...) , me lo ricordo felice e commosso. 
Nella primavera del 2003 di prima mattina mi chiamò al telefono Riccardo (Belli). "Ezio è morto, stanotte. Vieni" Ho pensato tante cose mentre mi recavo verso casa sua, in quella Torino di periferia, grigia e fredda. Quella mattina è stata forse la prima volta che ho visto nell'espressione rilassata ed irragiungibile di una persona cara che non c'è più, qualcosa di irreparabile e di grande malinconia. 








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