Nella vita di una persona si intreccino costantemente Piccole e Grandi Storie. La Grande Storia ha visto nel 1968 il susseguirsi di tanti episodi che hanno segnato molte esistenze e cambiato l'idea del mondo in una intera generazione. A fine gennaio inizia in Vietnam l'offensiva dei Vietcong che cancella l'opinione erronea che i vietnamiti siano sull'orlo della sconfitta e che gli Stati Uniti siano li per vincere la guerra. La reazione americana è violenta e si esplicita in terribili episodi che trovano l'apice nel massacro di Mai Lai. Nel mese di marzo iniziano le occupazioni di molte università italiane da parte degli studenti in lotta. Muoiono in primavera Juri Gagarin in un incidente aereo e Martin Luther King viene assassinato. La contraccezione è condannata senza appello da Paolo VI nella sua enciclica Humanae Vitae. In agosto le truppe sovietiche pongono fine al sogno della primavera di Praga del socialismo dal volto umano.
Intanto, apparentemente insensibile a questi sconvolgimenti, io portavo a termine il terzo anno di Liceo, le cui lezioni avevano trovato un sollievo al rigore dei primi anni, con l'arrivo di nuovi supplenti. Il professor Ugo Castagnotto fu uno di questi: egli aveva fatto nascere, anche nelle menti più refrattarie, il dubbio che esistesse un mondo molto più complesso e articolato di quello intravisto nelle pagine dei testi di latino e italiano. A posteriori non si può dire che fosse un buon professore: pur dotato di una solida cultura, mancava totalmente di un qualsivoglia progetto didattico. Faceva presa su alcuni di noi (me compreso) per quella irriverente gigioneria con cui demoliva certezza e schemi consolidati ma alla fine, in sostanza, a parte qualche sprazzo (ricordo in particolare le lezioni sui simbolisti francesi, Mallarmé in testa e sul significato del colore nella loro poetica) poco restava da ricordare. Poco per chi deve guidare un ragazzo verso la maturità (in ogni senso). Ho seguito le sue tracce sul web e l'ho ritrovato copywriter per l'Armando Testa, docente in varie università nord americane e infine insegnate all'Università di Urbino. Adesso penso sia già in pensione... Gli scrissi anche una mail ma non ebbi risposta Amen. Diverso fu il caso del supplente di Storia il Manghi grazie al quale furono sconvolte, nelle austere aule del liceo, certe tradizionali maniere di intendere l'insegnamento. La cattedra diventava un luogo dinamico, sede di accesi scambi, di pareri, contestazione e perdeva quella ipnotica imponenza che per anni aveva intimorito e tenuta tranquilla l'aula. Qualche anno fa scrissi due righe nel 2009 in occasione della sua morte:
La notizia della morte del Prof. Manghi l'ho appresa da un breve annuncio su La Stampa del 19 novembre. Mi è spiaciuto molto perchè era una di quelle persone che negli anni avrei voluto rivedere e ritrovare nei gesti e nelle parole. L'avevo cercato sul web anni fa ma non ero approdato a nulla...
La notizia della morte del Prof. Manghi l'ho appresa da un breve annuncio su La Stampa del 19 novembre. Mi è spiaciuto molto perchè era una di quelle persone che negli anni avrei voluto rivedere e ritrovare nei gesti e nelle parole. L'avevo cercato sul web anni fa ma non ero approdato a nulla...
1967
circa, Liceo G Ferraris di Torino, era entrato in classe un uomo giovane con i
capelli corti e lo sguardo penetrante. Abituati alle soporifere lezioni di
italiano del professore titolare, assente per malattia, eravamo stati
proiettati in un mondo nuovo, brillante e inaspettato, sulla scia del fiume di
parole di questo nuovo insegnante. Ironia, sovvertimento dei ruoli, il tutto
però controllato e finalizzato ad un progetto didattico originale. "A me
gli occhi" diceva alzando le braccia in aria e aprendo e chiudendo le
dita, lo sguardo fisso alla stranulata prima della classe che faticava a capire
la portata dell'interrogazione. Un giorno arrivò in classe con un volumetto
colorato, La strada di Swann, Mondadori, volume primo. Era l'inizio della mia
conoscenza di Marcel Proust, che devo a lui. Finito l'anno scolastico, il
professor Manghi e le sue fantasmagoriche lezioni si dissolsero nel nulla
lasciando però un ricordo costante nel tempo. Son passati 45 anni e più
anni e il circolo della memoria si chiude su questo breve annuncio del 19
novembre. Un po' di malinconia e tanta riconoscenza.
2009
Commenti su Facebook:
A.A: un
grande! Col suo parlare sempre imitando i russi o al lunedì a leggere insieme
le notizie del Toro su Tuttosport!! Io ho lavorato con Martino Manghi, il
figlio, per anni…
A.A: (25
novembre 2008) Le notizie sono purtroppo che è stato colpito da demenza senile
già da 3-4 anni ed è ora ricoverato in un centro di ricovero… non riconosce
quasi più nessuno se non suo figlio ogni tanto. Ha perso quasi del tutto l’uso
delle gambe
Renata:
Il bello dei ricordi è che spesso sono discordanti.
Completamente diverso da quello di Piero è il segno lasciato in me dal Prof. Manghi, insegnante di Storia e Filosofia,(a.s 1966/67) non supplente, ma sostituto della professoressa avuta l'anno precedente che era andata in pensione e che fu costretto a cambiare scuola a causa delle proteste dei genitori per il metodo poco ortodosso che aveva di insegnare e soprattutto sul metodo di giudizio per gli allievi che non condividevano le sue idee politiche. Ma questo fa parte di un altro capitolo della mia storia.
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