sabato 22 novembre 2014

Il primo post (Renata)

Questo è il mio primo post,  non mi trovo molto a  mio agio anche perchè fa cose strane, ma mi sforzerò. Ma non vorrei che fosse un duetto tra me e Piero.

 



Questo è quello che penso sull'amicizia e cosa vorrei fare con i miei amici che reputo persone intelligenti , ma a volte penso di non essere capita SOB!!!!!!!!!!
spes est ultimum mori




Ricordi di Elisa e Lucia ( poi li sistemerò)
l'unica informazione ma riguarda i primi anni (forse 2 anno?!) Castagnotto supplente di italiano che sbadigliava sempre ma era forte! lo incontro sempre in via mazzini xchè abita nella mia zona. è sempre uguale!
E poi incrocio sempre la Tira che è ancora viva e vegeta e gira da sola! quando avevo i figli piccoli chiamavo suo figlio che faceva il 'mago' ... alle feste dei bambini e l'avevo contattata . Adesso non si ricorda più di me credo. 
Giusto per i matematici. La suppl di Craveri in 4 era Maria Cristina Catti ed il supplente di Troletti mi pare Fea: C'è stato un supplente di scienze in 4 o 5 ma breve meteora

venerdì 21 novembre 2014

The way I was.... (Piero Seinera)

Ho scelto questa parafrasi che rimanda al celebre The way we were che fece sognare molti giovani negli anni 70, per ricordare com'era il ragazzo Piero che nel 65 si era iscritto ad uno dei più prestigiosi Licei della città, lui che di matematica ne masticava poca. Era uscito dalla media Pascoli con un giudizio generico che recitava: "Studente volenteroso, diligente, può accedere ad un qualsiasi percorso di studi dal Liceo agli Istituti tecnici" La scelta del Galileo Ferraris era stata dettata dall'amicizia intrecciatasi con Maggiora, Neri e Riva che avevano già deciso a quale scuola iscriversi.
Piero e lo sport.Aveva iniziato a frequentare la palestra di via Braccini e a disputare partite di campionato negli allievi di pallavolo del CUS Torino. Questo in seguito ad un reclutamento avvenuto nell'ora di ginnastica in cui un dirigente allenatore della società cittadina aveva spiegato cos'era la pallavolo e come era possibile accedere a questo sport. Per tutta la durata del liceo frequentò quindi palestre e campi da gioco: la pallavolo torinese in quei primi anni di sviluppo non era ancora assistita dai grandi sponsor per cui non erano richiesti grandi traguardi. Ci si divertiva e basta.
Piero e il vestire. Già allora non amava camicie e cravatte, il concetto di eleganza non l'aveva mai sfiorato per cui l'idea, per esempio, di interessare una ragazza o di far colpo con un indumento gli era del tutto sconosciuta. In realtà era sua madre che comperava nei negozi di quartiere maglie, magliette e scarpe. Lui non discuteva mai le scelte, indossava e via. Piero e lo studio. Il rapporto con le materie scientifiche non fu mai sereno anche se un certo successo l'ottenne al secondo anno (o era il primo?) con un 9 in geografia. Aveva studiato sulla cartina muta dell'atlante una trentina di città della Finlandia e le sapeva indicare senza errore una dopo l'altra. Per le nozioni futili aveva sempre avuto una certa propensione. Anche se non era uno "studioso" appassionato aveva ben chiaro in mente un concetto. Era lì per studiare. Aveva alle spalle un padre non più giovane che per mantenerlo agli studi aveva posticipato il pensionamento. Con gli anni prese le misure al sitema scolastico e a questo punto tirò un respiro di sollievo, allentando la tensione e la paura del possibile insuccesso. Il Griffa si era dileguato, la burbera Gugliotta pure. Nei primi anni di liceo il mondo femminile fu osservato di lontano, con simpatie non manifestate e batticuori silenziosi senza  mai intrusioni. Non sapeva bene come iniziare.


La scoperta al secondo anno di Proust e della sua Recherche gli aprì un mondo: attraverso l'analisi sottile e protratta dei sentimenti amorosi e del ricordo, assi portanti del lunghissimo romanzo cominciò a capire che l'amore era una faccenda assai più complicata del previsto. Seguirono giorni e mesi di appassionata lettura. La cartolina di Neri qui sopra è testimonianza del fatto che questa passione era conosciuta e incoraggiata...... Riccardo parla di una prenotazione della Walkiria... chissà cosa voleva dire....  

[continua?]

Riccardo (Neri)
Non ho neanch'io la più pallida di che cosa fosse la prenotazione per la Walchiria. In quegli anni scoprivo Wagner (oltre a Proust, che però imparai ad apprezzare più avanti), ma non andai a vedere/sentire la Walchiria. Forse Franco Bagagli, grande wagneriano già allora, può darci qualche lume. 
Efisio mi fece sentire l'ouverture del Tannhauser e io decisi di comprarmi il Tannhauser, scoprendo solo in negozio che era un'intera opera (al di fuori della portata delle mie tasche) e non il 45 giri che Efisio mi aveva fatto sentire. 


Piero.
Si, anche a me è capitata un'esperienza analoga e similmente con Wagner. Innamorato dell'anello del Nibelungo (Gotterdamerung ecc) pensai di comperarmi i brani del 33 giri che avevo ereditato da mia sorella.... Scoprii con raccapriccio in seguito che l'opera, ancorchè lunghissima, è per gran parte cantata (in tedesco) e le voci acute non suscitavano più in me quel languore provato per Sigfrido e il Crepuscolo degli Dei.....






martedì 11 novembre 2014

Prima F , Primo giorno di Scuola : Nucera Roberto.

Venerdì primo ottobre o forse sabato due ottobre 1965, ore otto o nove. 
Tutti stipati nell'ingresso del liceo scientifico Galileo Ferraris, più di duecento ragazzini aspettavano con ansia di sapere in quale sezione erano stati iscritti al loro primo anno di scuola superiore.
Io ero lì con i miei compagni di classe delle medie. Ero quasi sicuro che sarei andato con molti di loro nella sezione C, perché così le nostre mamme  avevano chiesto alla segreteria della scuola.
La sezione C era una della sezioni che accoglieva i ragazzi  che avevano studiato francese nelle medie e volevano passare alla lingua inglese.
Chiacchieravo con il mio amico delle medie  Corrado Locati con cui in settembre ero andato nelle librerie del centro a cercare libri della mitica BUR, con la nascosta intenzione di trovare nei classici della letteratura qualche pagina che potesse essere complice dei nostri adolescenziali sogni alla scoperta del sessualità.
A casa sua  Corrado mi aveva fatto sentire il primo long playing, comprato dal fratello maggiore, del cantautore allora quasi sconosciuto Fabrizio De André, in cui si affrontavano temi che  non si sentivano certo alla radio.
Intanto un professore iniziò a fare l'appello, distribuendo gli alunni nelle loro classi.
Sezione C  ...... Cavalla ..... Ferraris ....... Locati ... Martiny.
Mi diressi anche io con loro, convinto che avrebbero chiamato anche  il mio cognome, ma niente.
Rimasi nell'ingresso del liceo, solo, anche se fra tanti ragazzini. L'appello continuava lento. Pensavo quasi che si fossero  dimenticati di me (chi sa, una svista)  quando, arrivati quasi alla fine dell'appello della sezione F , sentii  "Nucera"   e mi accodai  alla fila dei nuovi compagni.
Ci avviammo verso una grigia aula del secondo piano , dove andai subito a sedermi il più lontano possibile in uno degli ultimi banchi.
Mi sentivo triste e spaesato , ma una nota positiva c'era: mentre la sezione C era rimasta rigorosamente maschile, nella classe c'era un buon numero di ragazze.
L'insegnante che ci guardava da dietro la cattedra era la professoressa Gugliotta di italiano, latino, storia e geografia.
Non mi ricordo bene quale fu il suo discorso introduttivo, ma sono quasi sicuro che sottolineò la serietà e la difficoltà degli studi che caratterizzavano il liceo Galileo Ferraris, invitando implicitamente chi non aveva una preparazione adeguata a prendere in considerazione l'ipotesi di cambiare scuola (cosa che in seguito fecero diversi compagni di classe)
Poi dettò la lista dei libri di testo, da cui compresi che avrei continuato lo studio del francese invece di iniziare quello dell'inglese. Ci saremmo rivisti il 5 ottobre e l'insegnante ci diede subito i compiti per casa: un tema su di uno dei libri letti durante le vacanze (non era neanche pensabile che un ragazzino intenzionato ad iscriversi al liceo non leggesse almeno un libro in estate) e  una traduzione dal latino all'italiano che ci dettò velocemente.
Quando dissi a mia madre che ero stato iscritto ad una sezione in cui si continuava lo studio del francese, decise che sarebbe andata a parlare con il preside per farmi cambiare di sezione.
Io che sono timoroso e che sono avverso ad ogni cambiamento (anche  la presenza delle ragazze non mi dispiaceva certo) non l'appoggiai nel suo proposito e così mia madre, che aveva solo  frequentato  la quinta elementare ed era un po' impaurita all'idea di  confrontarsi con le autorità scolastiche,  non trovò il coraggio di andare dal preside.
Rimasi nella sezione F. Chissà perché sono stato l'unico  della mia classe delle medie cui non sia stato concesso di passare alla lingua inglese?
Ho due ipotesi. La prima è un po' cattiva, ma come diceva Andreotti "a pensar male si fa peccato ma ...." : non avevo certo raccomandazioni. La seconda è un po' più didattica.
Io ero un ragazzino molto studioso,  la mia famiglia vedeva nella scuola l'unica via di uscita a una vita grama e  mia mamma era calvinista senza saperlo.
"Prima il dovere, poi il piacere" mi ripeteva di continuo. Per lei (e anche per me purtroppo) un sette era un brutto voto.
All'esame di terza media ci fu un piccolo litigio con l'insegnante di matematica : non le piaceva il mio modo di scrivere la variabile "b" e  il disegno che avevo fatto di un cono incluso in un cubo non soddisfaceva i suoi criteri estetici.
Presi "solo" otto di matematica all'esame e forse per questo l'insegnante di francese decise di darmi nove, anche se non mi aveva mai gratificato di un simile voto negli anni precedenti.
La commissione del Galfer che "faceva" le classi, forse avrà pensato che fosse più coerente farmi continuare a studiare una lingua in cui avevo raggiunto risultati talmente brillanti.
La mia famiglia pretendeva, senza nemmeno dirlo, voti alti e io purtroppo avevo pienamente interiorizzato l'importanza delle studio.  Fui in forte difficoltà in quel primo anno,  le richieste degli insegnanti erano decisamente elevate.
Lo studio continuo ed eccessivo mi impedì di curare l'armonioso sviluppo del corpo (da cui le spalle curve) e non favorì le relazioni con il gentil sesso.
La rabbia che negli ultimi anni di scuola mostravo verso la scuola è soprattutto figlia della sofferenza derivante da uno studio eccessivo, ma avrò occasione di riparlarne.

Piero:
Roberto era già allora molto serio per la sua età. Metodico, determinato, affrontava con ponderato impegno ogni aspetto dell'apprendere. Sapevi, nel porgli una domanda di aiuto, che nulla sarebbe stato affidato al caso e l'impegno nel rispondere, massimo. Non era sì, possiamo dirlo, persona di sereno e solare ingegno, nel senso che la sua intelligenza pareva svilupparsi da un "sofferto" studiare e non da un facile e istintivo padroneggiare il sapere, come invece era per Riccardo (Neri). Ci fu verso metà liceo un virare verso l'ideologia marxista e anche qui la cosa non fu presa con superficialità.

Riccardo (Neri):
Del primo giorno di scuola ho solo il ricordo del cambiamento di posto. Non mi rammento nulla dell'appello iniziale. So solo che in classe noi quattro che provenivamo dalla stessa scuola media (Efisio, Ezio, Piero e io, dalla Pascoli) ci eravamo messi nella fila di destra (guardando la cattedra), ai primi posti. La Gugliotta diede un'occhiata alla classe (35 allievi) e subito mi spostò, perché avevo la faccia del bravo ragazzo, mettendomi in terza fila e mandando la mio posto qualcun altro (che doveva apparirle "agitato"). Se ricordo bene dietro di me c'era Roberto. Forse davanti c'era Maurizio. A sinistra, oltre lo spazio di passaggio, la formazione compatta delle ragazze: 4 file di 4 banchi.

lunedì 10 novembre 2014

I nostri compagni di classe (Renata)


I miei compagni...............??????????????? Che cosa potrei raccontare di loro? Tutto e niente. Anzitutto arrivata in 3a F nell'ottobre del 1967 di molti loro, non ho un ricordo dei primi anni, mentre Manolo, Ennio, Dario, Valerio e Franco Borri (Bobo) erano già stati miei compagni in anni precedenti.

Specialmente di Franco ho un vivo ricordo: sempre di buon umore, scherzoso, a volte anche un po' troppo, conciliante e “vivi e lascia vivere”, con lui si poteva avere un rapporto disinibito, senza paura di essere continuamente giudicati. Anche quando ci siamo incontrati alla cena, è stato come se gli anni non fossero passati, la confidenza è stata la stessa e abbiamo ricordato ogni avvenimento con piacere.

Dario e Valerio erano molto cambiati, forse cresciuti, ma sempre pronti a contestare.

E dei nuovi che dire? Mi legai in modo particolare a Riccardo anche perché abitavamo vicino e andavamo e venivamo da scuola insieme e avevamo così molto tempo per chiacchierare e poi studiavo molto bene con lui. Nonostante la sua grande intelligenza e preparazione aveva il dono di non farti mai sentire inferiore, non era un secchione aveva una vera passione per lo studio e al di fuori della scuola aveva tantissimi interessi, lo sci, il cinema, il teatro, la musica, una vera miniera. Un ricordo buffissimo è dei nostri venerdì. Uscivamo da scuola alle 13 e alle 13.05 iniziava Hit Parade, per noi irrinunciabile, e così Riccardo si era organizzato con una radiolina e l'ascoltavamo strada facendo e nella bella stagione veniva a scuola in Graziella e al ritorno per fare più in fretta facevamo a turno sulla bicicletta e l'altro correva. Quanto eravamo giovani e atletici! Con Riccardo condividevo molte idee e modi di vivere, le cose che erano veramente importanti nella vita, quali l'essere e non l'apparire, l'agire e non parlare solamente, lo trovavo maturo e al tempo stesso ironico e divertente per certe sue battute su alcune mie scelte. Mi ricordo che un giorno io dissi: ''Se son rose fioriranno'' e lui mi rispose: ''Speriamo che non fioriscano troppo''. Fantastiche erano le meringhe che sua madre ci faceva trovare per merenda nei pomeriggi in cui studiavamo da lui.

Altro grande amico fu Franco Bagagli, sempre scherzoso e di buon umore, anche lui molto studioso e soprattutto altruista, era spesso preso in giro da me, Riccardo ed Elisa per certi aspetti del suo carattere e lui ribadiva sempre paziente ed arguto, un vero compagnone!!!!!!

Con gli altri non legai molto per tanti motivi, anche diversi: alcuni erano troppo riservati e se ne stavano chiusi nel loro guscio, altri avevo l'impressione che mi guardassero sempre un po' dall'alto in basso, pronti a criticare, ed essendo una a cui per sentirsi bene necessitano pochi amici sinceri, non andai mai oltre. Con alcuni penso non aver scambiato nell'arco del triennio più di una cinquantina di parole e spesso anche in polemica. In realtà non avevo di loro una grande considerazione: li ritenevo troppo infantili e spesso anche opportunisti. Quella posizione strategica nel primo banco di me e Daniela alla fine giovava più a certi nostri compagni, che di solito non ci rivolgevano neppure la parola, ma in occasione delle interrogazioni pretendevano che noi tenessimo il libro aperto e sfogliassimo anche le pagine al fine di poter sbirciare e, anche se non preparati, strappare almeno una sufficienza. Devo dire che sono sempre molto colpita ieri come oggi dalle certezze di Piero. Sì, è vero, a volte io e Daniela ci lasciavamo un po' andare, non avevamo certo l'aplomb di altre compagne, in compenso avevamo sicuramente del fair play.




Piero:
Cara Renata, era con simpatia che nel mio post descrivevo i vostri, tuoi e di Daniela, armeggii grafico-verbali al primo banco.... E' vero, in tanti anni abbiamo scambiato poche frasi, ma non era per supponenza. Come penso accada ovunque, si creano dei gruppi di amicizia o di consuetudine che poi a seconda del carattere dei membri possono evolvere o chiudersi a riccio. Quest'ultimo atteggiamento è forse stato proprio del nostro gruppo, gruppo che comprendeva Ezio, Efisio, Riccardo Belli, Maurizio e più occasionalmente Roberto e Manolo. L'evoluzione fu poi l'introduzione di Liliana e Mara come ragazze di due di noi. Eravamo forse sì, infantili, ma tutto sommato, per quegli anni lo siamo stati in maniera fisiologica. Più che infantili direi un po' "addormentati". Riguardo alle mie certezze, passate e attuali, sei in errore. Non ho mai avuto la consapevolezza di possedere grandi certezze. Ho cambiato spesso opinioni, ma non per opportunismo, atteggiamento che mi è alieno da sempre. La prova è che tutto ciò che avuto nella vita, nel lavoro soprattutto, è stato ottenuto con sforzo e fatica, ma sempre senza i grandi vantaggi che scelte di opportunismo appunto, ti permettono di ricavare. 

RENATA
Io comunque mi sbaglierò, ma ti vedevo e ti vedo così anche oggi, sempre molto deciso e quasi sempre prevalente, un po'troppo impositivo. Le mie come le tue, ovviamente, sono  sensazioni a ''pelle'' per quel poco che ci conosciamo.

Riccardo (Neri)
I venerdì con Hit Parade e la bicicletta me li ricordo anch'io e a ripensarci dopo tutti questi anni, mi viene ancora da ridere. Oltre tutto la bici era una Graziella, più adatta a bambini che a noi.

domenica 9 novembre 2014

Le nostre compagne di classe (Piero)

Di Elisa ricordo l’intelligenza acuta, la sua presenza costante al primo banco. Ricordo anche i gesti femminili con cui si accingeva a scrivere un compito o a girare il capo verso di noi, quelli dell’ultima fila, i meno attenti. Troppo discreta per mostrare riprovazione.  A volte, penso che la lontananza fisica tra la prima fila e la quinta o sesta, addossata al muro di fondo, abbia condizionato anche i rapporti tra le persone.  Sarà vero? Le ragazze in genere si disponevano nei primi banchi a parte forse qualche eccezione (Egle, Casalino e Vanna). Tutte le altre, volenterose e giudiziose, stavano davanti. I loro fitti conciliaboli, in particolare Renata e Daniela  ci erano misteriosamente preclusi. Ridacchiavano, la mano si portava a volte alla bocca per celare uno sghignazzo irrefrenabile. Si scrivevano anche, comunicando per iscritto. Gomito a gomito, eppur si scrivevano. Ne sono certo. C’era un motivo per queste disposizioni strategiche o era solo il caso a volerlo? Per Liliana poteva valere l’astigmatismo che gli occhiali perennemente inforcati correggevano e che le conferivano una bellissima aria da bambina, ma per le altre? Renata l'ho sempre giudicata molto esuberante, pur non dedicandole, come mi ha fatto rimarcare oggi in una corrispondenza privata, molte attenzioni durante gli anni del liceo.... Forse, la giudicavo troppo diversa dal mio ideale femmineo: la capigliatura fiammeggiante, la coda di cavallo che sferzava l'aria, l'occhio che diritto ti puntava contro in silenzio l'aria indagatrice..... Le mie osservazioni della natura femminile mi portavano verso donne più introverse e quiete. Renata era forse anche più matura nei suoi atteggiamenti. Ma allora di certo non lo ammettevo.
Poi c'era Mara.. Mara si distingueva assieme a Pinuccia per l'eleganza nel vestire. Difficilmente la si poteva cogliere in panni comuni caratteristici soprattutto degli elementi maschili. Il suggello dell'insieme era poi rappresentato dai foulard di Hermes che sfoggiava, controccorrente, in quegli anni inquieti a cavallo del '68. Mara appare in un filmato di quegli anni che girai con una cinepresa "8" durante una mitica gita al forte di Fenestrelle: era una splendida giornata di autunno, luminosa e sferzata dal vento. In quelle immagini in bianco e nero che hanno ormai la patina dell'infinitamente lontano, si vedono capelli, bandane e sciarpe agitarsi al succedersi delle folate ventose..... Mara è vestita di tutto punto, incurante del carattere gitaiolo della giornata, vera impeccabile cittadina.      
Quello che fu un bene, a ripensarci, fu la natura mista della nostra sezione. Fino alle medie, comprese, ero stato in classi con rigida separazione dei sessi. Alla Pascoli in piazza Bernini, l'entrata dei maschi era addirittura distinta da quella delle femmine. Al liceo quindi incontrai per la prima volta quegli esseri strani e attraenti che erano le ragazze! Nei primi anni ci fu un certo ricambio. Molte allieve trasmigrarono ad altre scuole, spinte dall'insegnamento non certo accondiscendente verso chi non era all'altezza o che si pensava tale.... Altre arrivarono da sezioni sciolte. La nostra F fu sostanzialmente una classe tranquilla. Se fiorirono amori o si posero le basi per tale fiorire, il tutto fu sempre avvolto da una discrezione e un ritegno molto "sabaudi".

Post scriptum:
Renata mi fa notare, giustamente, che alcuni dei miei ricordi non sono molto precisi, nella disposizione di alcuni, nei banchi di scuola per esempio. Ha ragione, la memoria trasfigura, confonde e sfuma i contorni delle cose, dei personaggi e a volte delle vicende stesse. Ma non siamo degli storici, d'altronde e se qualche errore lo commetto, mi sia perdonato. Sono poco permaloso e accetto molto volentieri ogni suggerimento o precisazione.......

RENATA
Eri anche daltonico io ero bionda e non fiammeggiante portavo come si vede nelle foto una lunga treccia e solo l'ultimo anno mi è stato permesso di spargere la treccia vedi foto maturità, mai portato code di cavallo!!

PIERO
Il fiammeggiante si riferiva al color biondo/bianco e voleva essere un modo poetico di rappresentarti. I modelli matematici della realtà mal si applicano al corpo umano.
ELISA
Ringrazio Piero per i complimenti che mi rivolge. Non vorrei deluderlo nel rivelargli che la mia  (per la verità dalla terza in poi non sempre) costante presenza al primo banco era anche dovuta alla miopia, corretta dal quarto anno con l'uso degli occhiali ed oggi (ahimé!) superata con il passaggio alla presbiopia da attempata (??!!) signora.
Un caro saluto,
                        Elisa

sghignazzare v. intr. [der. di ghignare, ghigno, col pref. s- (nel sign. 6) e con suff. peggiorativo] (aus. avere). – Ridere sguaiatamente, in modo sarcastico e provocatorio: non penso proprio che ci fosse permesso né che sia mai stato nella nostra natura. Spero che altri abbiano ben altri ricordi di me e Daniela. Non vorrei fare altri commenti , ma da ciò che scrive Piero deduco che Elisa era l'intelligente, Mara e Pinuccia le raffinate, Liliana una bambina bellissima , io e Daniela quelle sguaiate Bellissimo!!!!!!!!!!!
RENATA ( quando la classe non è acqua)

Piero:
Inutile dire che l'uso del verbo sghignazzare non voleva essere quello attribuitomi.... D'ora in poi, prima di azzardare un verbo o un semplice commento,  consulterò il Dizionario etimologico per non incorrere in altre polemiche  
Renata:
Non sono polemiche sono constatazioni. E poi quello era il tuo punto di vista , forse voci che ti sono arrivate, ma forse non ti sei mai chiesto se prendevamo appunti? mi spiace di averli buttati da poco, li ho conservati per lungo tempo, specialmente quelli di storia e filosofia.

Anno scolastico 1967/68 3°F (Renata Olivetti)

Ed eccomi coi miei nuovi compagni che mi accompagneranno quasi tutti fino alla fine del liceo. L'arrivo in questa nuova classe non mi riempì di gioia, loro erano già un gruppo coeso e io mi sentivo un pesce fuor d'acqua e soprattutto mi sentivo giudicata come una sfigata che non ce l'aveva fatta. Ero infelice e demotivata così mia madre andò a parlare con la prof.ssa Bruno, che mi conosceva fin dalla prima e mi che mi aveva sempre capita e stimolata, parlandole dei miei problemi e la prof consigliò a mia madre di socializzare con Neri e Mongiano che secondo lei sarebbero stati ottimi compagni ed amici sensibili. All'inizio pensai '' Ecco adesso devo anche sopportarmi questi due secchioni'', ma feci buon viso a cattivo gioco e cominciai ad avvicinarmi a loro Solo col tempo ebbi modo di capire che la Prof non era solo un'ottima insegnante, ma una anche una profonda conoscitrice dell'animo umano, infatti Riccardo ed Elisa si rivelarono degli ottimi e sinceri amici che mi furono vicini negli avvenimenti più tristi dandomi la forza di affrontare più serenamente un futuro pieno di incognite. Franco Bagagli lo scoprii più tardi, un simpaticone anche lui molto studioso e soprattutto altruista, era spesso preso in giro da me, Riccardo ed Elisa per certi aspetti del suo carattere e lui ribadiva sempre paziente ed arguto. un vero compagnone!!!!!!

sabato 8 novembre 2014

Come giunsi ad iscrivermi al Galfer e alla sez. F. (Valter Morizio)

Piero ha ricordato la prematura morte del Preside Savio e questo mi ha fatto ricordare come giunsi ad iscrivermi al Galfer e alla sez. F.
Diciamo innanzi tutto che iscriversi, dopo le medie, al Galileo Ferraris per chi veniva dalla provincia non era cosa semplice, in particolar modo se non si voleva finire in qualche succursale.
Il Prof. Savio era un cliente di mio padre, che era un capo officina di una concessionaria della Lancia (nonchè il primo nucleo della squadra corse rally con le mitiche Fulvia HF coupè rosse/nere sotto la guida di Cesare Fiorio). Mio padre gli disse che voleva iscrivermi al Galfer. Il prof. Savio  gli disse che le iscrizioni  nelle prime sezioni erano già praticamente complete. Gli chiese  quale lingua straniera  volevo seguire. Mio padre disse che  alle medie avevo fatto francese. Il prof. Savio si prese nota del mio nome-cognome e  gli disse che avrebbe visto se nella sez. F (francese) c' erano ancora posti liberi. Qualche giorno dopo telefonò a mio padre e gli disse che c'era ancora uno/due posti  e che quindi bisognava iscrivermi subito!! Fu così che giunsi  fra voi. Il Prof. Savio non lo conobbi mai.
Ammetto sono stato iscritto al Galfer, sez. F su ......raccomandazione. Così andava l' Italia e così va ancora, non mi sembra sia cambiata molto.
Mio padre poi mi disse che il Preside era stato stroncato da un infarto .

giovedì 6 novembre 2014

Incontro del 22 ottobre 2014 (di Renata Olivetti)

Il 22 ottobre 2014 io, Elisa, Mara e Lucia ci siamo incontrate in un ventoso pomeriggio presso il bar La Croisette. E' stato un pomeriggio veramente piacevole ed emozionante, pieno di piacevoli ricordi.




Il liceo oscuro: di morti e altre tristi vicende negli anni '60 (di Piero Seinera)

E' stata una sorpresa grande scoprire che la storia del Galileo Ferraris è fatta anche di episodi dolorosi e drammatici accaduti, sia dentro le sue mura che fuori. Non ricordavo nulla di queste tristi vicende se non la morte del preside. Dell'episodio qui sotto, Ennio Prudenza ebbe la sfortuna di essere testimone. Fu aprendo casualmente la finestra dell'aula al terzo piano che vide la ragazza  nell'atto di precipitare nel vuoto. Un ricordo che ancora oggi, a distanza di tanti anni, lo turba. 

Riccardo (Neri):
Di tutti questi fatti tragici non conservo il minimo ricordo. Dovevo aver saputo della morte del preside: dopo aver letto il testo qualche cosa si è risvegliato in qualche angolo oscuro del cervello. Ma di tutti gli altri, niente. Mi colpisce soprattutto non ricordare nulla del suicidio, ma forse non se n'era parlato.


Venerdì 7 Maggio 1965 LA STAMPA
Una inesplicabile tragedia al "Galileo Ferraris"
Una studentessa di 15 anni si getta dalla finestra del liceo: morente
Graziosa, intelligente, amata dalla famiglia - Ma prima di compiere il gesto disperato ha lasciato scritto: « La morte è amica mia, sono circondata da un doppio filo spinato » - Sembra che già altre volte avesse tentato il suicidio


Una studentessa di 15 anni è in condizioni gravissime all'ospedale Maria Vittoria. Ha tentato il suicidio lanciandosi da una finestra del liceo scientifico Galileo Ferraris di via Montevecchio 67, dove frequenta il primo corso nella classe A. Protagonista dello sconcertante dramma (non pubblichiamo il nome perché si tratta di una minorenne) è una graziosa ragazza che abita con i genitori e un fratello dodicenne in via San Paolo, una casetta a due piani: uno degli alloggi o occupato dalla famiglia della sventurata, l'altro da quella di uno zio. Il padre è impiegato in una grande industria. Sia lui che la moglie hanno sempre circondato di tenerezza e di premure la primogenita; il gesto disperato non può essere quindi attribuito a contrasti o incomprensioni. L'unica possibile spiegazione bisogna cercarla in uno squilibrio psichico della ragazza, in parte dovuto ai turbamenti dell'adolescenza e in parte al suo temperamento ipersensibile e melanconico. Superate brillantemente le medie presso l'istituto Maria Mazzarello di via Cumiana, la ragazza si era iscritta nell'ottobre scorso al Liceo scientifico Galileo Ferraris. Il passaggio da un tipo di scuola non ancora impegnativo, in un ambiente quasi familiare, come lo sono in genere gli istituti parificati, a quello, più dinamico e congestionato, del liceo, aveva avuto qualche strascico nel suo carattere introverso e incline alla tristezza. Nel primo trimestre, la sua pagella recava alcune insufficienze. Una logica parentesi di acclimatazione, tant'è vero che nel secondo trimestre aveva ottenuto la media del 7, pur non essendo di natura sgobbona. Dice la sua professoressa di Lettere, signora Enrica Volante: «E' una ragazza molto intelligente, che apprende con facilità. Poco comunicativa, ma senza legittimare il sospetto che le sue anomalie fossero tanto gravi da spingerla all'atto disperato. Circa un mese fa avevo convocato la madre, consigliandola di affidarla ad uno specialista di malattie nervose. La vedevo strana, notavo in lei repentini sbalzi dall'allegria all'abulia ». Che qualcosa non funzionasse, nella psiche della giovane, lo confermano episodi dì vario genere. A quanto risulta, già all'età di dieci anni e ancora alla vigilia di Pasqua, avrebbe cercato d'uccidersi: una volta con sostanze tossiche, l'altra tagliandosi i polsi con una lametta. Dieci giorni fa aveva portato in classe una boccetta ricolma di polvere bianca. « Vedete — aveva detto alle amiche — con questa potrei morire ». Alle compagne, confessava spesso che di notte non riusciva a dormire. «Passo le ore — spiegava — pensando a me stessa. Sono gli unici momenti in cui mi sento veramente felice, perché non devo continuare a fingere ». Considerazioni strane, in una giovane circondata dall'affetto e alla quale non mancava nulla. 

Domenica 8 Maggio 1966 LA STAMPA
Tragico episodio al liceo Galileo Ferraris Studente di 17 anni cade in palestra batte la testa, muore poche ore dopo La disgrazia durante una partita di pallavolo - Il giovane, sportivo forte e ardito, si è fratturato l'osso parietale - Figlio del reumatologo prof. Daneo - I disperati tentativi dei medici non hanno potuto evitare la fine
Uno studente è morto dodici ore dopo un infortunio che gli era accaduto nella palestra della scuola durante l'ora di ginnastica. Si  chiamava Giorgio Daneo, aveva 17 anni, abitava in corso Matteotti 36. Il padre, prof. Vittorio, è libero docente di reumatologia e cardiologia, aiuto del professor Robecchi; anche la madre, dott.ssa Laura Sisto, è laureata in medicina. Avevano soltanto questo figlio. Giorgio frequentava la IV B del liceo scientifico Galileo Ferraris. Era uno degli allievi più brillanti e più popolari del suo corso. Un bel ragazzo, irrobustito e reso intrepido dallo sport. Era soprattutto appassionato di vela ed aveva partecipato a diverse competizioni. L'ultimo successo l'aveva ottenuto due settimane fa a Como. Ieri mattina la sua classe aveva l'ora di ginnastica alle 10. I ragazzi hanno incominciato con esercizi di pallavolo. L'incidente è accaduto dopo cinque minuti di gioco. Giorgio ha ricevuto la palla da un compagno ed è corso per lanciarla nel campo opposto, ma sullo slancio è finito contro la rete, che l'ha respinto con forza. Il ragazzo è caduto, ha battuto la nuca. Sono accorsi i compagni e l'insegnante. Sembrava un incidente da poco, come ne accadono sovente in palestra e senza conseguenze. Ma Giorgio non si muoveva, era molto pallido. Hanno cercato di rianimarlo, ma ogni tentativo è stato inutile. E' stato avvertito il preside, che ha chiamato un'ambulanza ed ha informato i genitori. Il ragazzo è stato trasportato al Mauriziano, dove lo hanno raggiunto prima la madre poi il padre. Sono state praticate diverse cure e, nel pomeriggio, Giorgio ha ripreso conoscenza. Subito ha sorriso ai genitori per tranquillizzarli. Essi avevano vissuto cinque ore d'ansia e d'angoscia, ma ora la loro paura sembrava passata. La madre accarezzava la fronte sudata del figlio, gli diceva di non parlare, di stare calmo, di riposare. A tarda sera Giorgio è stato colto da vomito. I genitori, entrambi medici, hanno subito capito e sono stati ripresi dalla paura. Il padre ha tastato il polso del figlio e lo ha sentito troppo debole. Poi le condizioni del ragazzo sono precipitate. Giorgio non ha più potuto rispondere alle domande dei genitori, i quali non si sono fatti illusioni. Restava soltanto la speranza. Ma dopo un quarto d'ora, quando hanno visto aprirsi la porta della camera operatoria, hanno capito che non c'era più nemmeno la speranza. Il loro ragazzo era morto per la frattura del parietale e compressione cerebrale. Sono entrati e sono rimasti parecchie ore accanto al figlio, immobili, senza una parola.



  LUNEDI' 28 NOVEMBRE 1966

Mi sono ricordato che in uno dei primi anni di Liceo ci fu l'episodio drammatico di una morte. Non ricordavo però di chi... Poco fa sono riuscito casualmente a risalire al fatto. Nel novembre del 1966 il preside Savio morì di infarto in montagna, mentre sciava. La notizia fu riportata su giornale cittadino con tanto di foto e accurata descrizione del decesso. Nella biblioteca posta a destra dell'atrio di ingresso, fu allestita la camera ardente con esposizione della salma. Fui tra quelli che si recarono a renderle omaggio. Non so se fu un atto spontaneo o un consiglio degli insegnanti. 
Pochi giorni dopo, il 7 dicembre, un'altra disgrazia si abbatteva nelle tranquille aule del liceo. Due giovani del 5°anno morivano sui campi da sci del Monginevro travolti da una slavina. Di questo episodio però non ho conservato memoria



Nel gennaio del 68 a morire di epatite virale fulminante è uno studente del secondo anno. Anche di questo espisodio non ricordo nulla..


http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,2/articleid,0112_02_1966_0271_0002_5586096/

http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,2/articleid,0118_01_1968_0049_0002_5158035/



E da ultimo, verso la fine del nostro terzo anno, un altro episodio drammatico, anche questo dimenticato



mercoledì 5 novembre 2014

La maturità della sezione F. Gli articoli de La Stampa (di Piero Seinera)

LA STAMPA - Sabato 18 Luglio 1970
Una mattinata tra i ragazzi del Galileo Ferraris
Minigonne e maniche di camicia ma idee chiare e molta serietà
Esami di maturità senza inutili formalismi, in un clima di dialogo sereno

Tocca ora a una ragazzina bruna con gli occhi azzurri: qualcuno osserva che è la bella copia di Romina Power. Per farsi passare l'affanno si è fatta accompagnare dal fidanzato che segue le fasi dell'esame più rosso e più emozionato di lei. Partenza con scienze. PROFESSORE: « Vediamo qualcosa del Sole e del sistema solare...  CANDIDATA: « Il Sole dista 149 milioni 500 mila chilometri dalla Terra... », spiega che appartiene alle u stelle gialle», ne elenca le caratteristiche. Dimostra di sapere tutto sulle macchie solari. PROFESSORE:  Le macchie vanno da Ovest verso Est, spariscono periodicamente, poi ricompaiono. Che cosa significa? » CANDIDATA: «Che il Sole si muove... ». Ne spiega i movimenti, passa alle teorie sul sistema solare. Sa tutto su quella di Tolomeo, non ha esitazioni per il resto: Keplero, Galileo, Copernico  Newton Parla dei satelliti di altri pianeti. PROFESSORE: «Brava. Passiamo ai venti locali ». CANDIDATA: si confonde, ma poi riesce a riprendersi bene. Parla di venti periodici e venti irregolari, dice che « la bora soffia su Trieste da Nord ed arriva a Roma trasformata in tramontana ». Dimostra di saperla lunga anche sulle acque sotterranee e sul bradisismi. Chiude con una brillante risposta sulla fossilizzazione. Seconda materia, italiano. PROFESSORE: « Purtroppo nello scritto lei si è persa in considerazioni irrazionali e troppo avveniristiche. Per darle la possibilità di rimediare, le lascio scegliere un argomento che le piace. CANDIDATA:  Vorrei parlare del verismo «Comincio dal naturalismo che nasce in Francia con Zola. [omissis]Spiega, commenta, critica, sottolinea con calore. Si merita un elogio.

STAMPA SERA Mercoledì 5 - Giovedì 6 Agosto 1970
 Ed ecco altri risultati: LICEO SCIENTIFICO GALILEO FERRARIS

Commissione della prof. Serra. Sez. F: 30, 1 respinto. I più bravi sono: Franco Bagagli e Roberto Nucera, 60; Elisa Mongiano e Riccardo Neri, 51; Elisio Maggiora, 50. 

Questo dunque è quanto sono riuscito a ricavare dalle pagine del nostro giornale cittadino relativo alla nostra prova d'esame. Renata (Olivetti) ci segnala che la bella ragazza dagli occhi azzurri, copia di Romina Power, è in realtà Mara Gianolio. Ecco un'altro particolare che mi era sconosciuto......
Sui nomi dei più bravi avevo pochi dubbi, la mia memoria non mi aveva ingannato: troviamo infatti le eccellenze note.

Commento di Renata:

Le foto sono relative all'articolo e scattate da Mario Solavaggione, allora il mio fidanzato.
Un ricordo e un ringraziamento per averci lasciato queste foto di uno dei momenti più importanti della nostra vita

la Repubblica 20.1.2010 

E' morto Mario Solavaggione storico fotoreporter piemontese
IL MONDO del giornalismo piemontese è in lutto per la scomparsa di Mario Solavaggione, fotoreporter attivo da oltre 30 anni sulle maggiori testate della regione. Il decesso è avvenuto nella notte, all' età di 57 anni, mentre si trovava in una casa di cura di Castelnuovo Don Bosco (Alessandria), da un male incurabile. Solavaggione aveva iniziato la sua attività in testate del Braidese, di cui era originario, per poi approdare a La Stampa negli anni ' 70. All' inizio del decennio successivo una prima svolta, con il trasferimento in Africa, in cui rimase per un decennio. Negli anni ' 90 e' tornato a Torino lavorando come freelance per diverse testate. I funerali si svolgeranno domani alle 10 nella chiesa di San Giovanni a Bra (Cuneo).


A.S 1966/67 Renata 3°F


A.S. 1966/67




Ed eccomi in terza. Eravamo rimasti in pochi, tra i più affezionati avevo perso: Flavio, Dario, Valerio, Vanna, che comunque avrei ritrovato l'anno successivo. Finalmente una classe un po' meno numerosa, anche se l'arrivo di nuovi compagni portò una certa divisione a gruppetti e il clima non era più quello degli anni precedenti. I nuovi arrivati erano più politicizzati e trovarono un appoggio, anzi un promotore delle loro teorie, nel nuovo professore di Storia e Filosofia, Sante Manghi. Fu un'antipatia a prima vista. Non sopportavo il suo modo di cercare di cambiarci e di imporci le sue idee; inoltre se non le condividevi, erano guai nelle interrogazioni. Per quanto avessi studiato, c'era sempre qualcosa che non andava, mentre i suoi seguaci, qualunque sciocchezza dicessero, erano maturi e profondi.

 Fu il peggiore degli anni del liceo. Il 12 novembre improvvisamente,  una sera, mentre cenavamo, mia nonna reclinò il capo e ci lasciò per sempre. Per me fu un colpo durissimo, era la prima persona (di una lunga serie)  a me cara che mi lasciava, persi per sempre quella mia spumeggiante voglia di vivere, che mi derivava dal credere che la vita fosse fatta solo di lieti eventi. Mi ricordo con molta tenerezza la telefonata di Vanna che invano cercava di consolarmi, sommersa dalle mie lacrime e dai miei singhiozzi.
Tornai a scuola malvolentieri, non provavo più interesse per nulla e subivo più o meno passivamente l'evolversi degli eventi. Un ricordo particolare lo rivolgo a un mio nuovo compagno (terzo da destra in seconda fila), ragazzo molto estroverso e simpatico Salvatore Sciuto, appassionato di moto, che teneva un po' su il morale di una classe in perenne conflitto. Si cominciavano a sentire le prime avvisaglie di quel malcontento che sarebbe poi sfociato nelle rivolte studentesche del '68. Devo dire che questa era una classe molto politicizzata. E per chiudere l'anno in bellezza, mi arrivò una solenne bocciatura a giugno. Volevo cambiare scuola, non riconoscevo più in quel liceo i principi che mi avevano spinto a sceglierlo, poi, convinta da alcuni professori che cambiando classe e alcuni docenti avrei ritrovato la serenità e la fiducia che avevo perso, mi riscrissi in 3° F.

Ricordo di un compagno scomparso
Dopo cinque giorni di agonia è morto alle Molinette Salvatore Sciuto, uno studente universitario di 21 anni, abitante in corso Matteotti 13 che venerdì scorso, in moto si era scontrato con un'auto. Con lui c'era un amico, Mauro Belle, 14 anni, piazza C.N.L. 243. anche lui è rimasto ferito: una frattura del polso sinistro e trauma cranico, guarirà in un mese.
In corso Marconi angolo via Ormea lo Sciuto si è scontrato con una 124, condotta da Bruno Dotta, 42 anni, Bruxelles, Avenue du Polo 45.







martedì 4 novembre 2014

Vanna Ossella (di Piero Seinera, Riccardo Neri, Valter Morizio e Roberto Nucera)


Ieri, nella ricorrenza dei morti, sono stato al Cimitero Monumentale. Non avevo nessuna cara persona da onorare, la ressa che in quell'unico giorno anima i viali del luogo, mi infastidisce ma ci sono andato comunque. La giornata era piacevolemnet tiepida, insolita per la stagione e in particolare per questo giorno che da sempre ricordo cupo e con cieli velati dalla foschia autunnale. Erano anni anche che non pensavo a Vanna. Ho in mente ancora quell'ultima volta che la vidi nell'estate , credo del '70. La scuola era finita, con la maturità, lei era stata bocciata, io sia pur senza onori ce l'avevo fatta. Ci trovammo a Bruzolo dove lei aveva la famiglia e passammo due ore a camminare e a parlare dell'anno finito e di quel che avremmo fatto. Parlare con lei era piacevole, tranquilla sempre, con gli occhi che ti fissavano assorti, mai distante o distratta. Ci lasciammo con l'intenzione di ritorvarci in città qualche tempo dopo. E invece.... Sono tornato una decina di anni fa al suo paese. Ho visitato il piccolo cimitero, arroccato in cima alle case attorno alla chiesa parrocchiale, ma di lei non ho trovato traccia. All'uscita sul muricciolo che costeggia la strada che porta alla chiesa vidi una vecchietta intenta a parlare con un compaesano. Ricordavano la bella ragazza che "faceva l'indossatrice" e  la madre di lei che fino a poco tempo prima era stata li a passare i suoi ultimi anni. "Ma non è sepolta qui, è a Torino, penso" mi disse l'anziana.
Ieri il 2 novembre mi sono ricordato di questo episodio e mi sono messo alla ricerca di Vanna. Nel primitivo ovest ho trovato infine la cappella di famiglia. La foto che la ritrae è quella di lei con i boccoli bruni, molto giovane e carina. Vanna Laura Bausano nata Ossella 1950-1995.
Era giovane....
PS: un grazie a Riccardo Neri che ha corretto un mio errore temporale.....

Valter Morizio:
Credo, Piero, che fosse l'estate del '68. Vanna in IV era con noi , come si vede dalla foto. Bruzolo, non sapevo che lei fosse di quel paesino vicino a Susa (da non confondere con Brozolo vicino a San Mauro). Mi chiedo dov'ero in quegli anni? So così poco di voi compagni/compagne di liceo. Molte, troppe cose che ora voi raccontate , mi erano sconosciute. Chissà forse frequentavo un'altra classe!!! Perchè non ero con voi Non lo so. Che cosa ci divideva? Forse la lontananza? A Bruzolo a cavallo del 2000 (mi ricordo l'alluvione) vi ho lavorato: Ma non immaginavo minimamente che la ragazza più bella della classe (mi scuseranno le altre compagne, ma per noi maschietti era così) aveva lì le sue origini. Ma lei non c'era già più. aveva solo 45 anni!! Troppo pochi.

Riccardo Neri:
Vanna era molto spaventata alla maturità. Si sentiva impreparata. Ne parlammo e io cercai di rassicurarla. Non ci conoscevamo molto, ma quel giorno passavamo tutti e due, lei credo subito dopo di me, visto che i nostri cognomi erano vicini nell'ordine alfabetico. Le chiesero i bradisismi e lei fece l'esempio di Paestum. Qualcuno le chiese dove si trovava Paestum. Lei rispose "In Grecia". Ricordo la risata della commissione. Io mi sentii gelare a quella risata. E nulla mi ha mai tolto dalla testa che lei sia stata bocciata per quella risposta. D'altronde i membri di quella commissione erano dei cani. Credo (Valter smentiscimi se mi sbaglio) che Valter portasse Dante e quell'idiota (in altro modo non si può definire) dell'insegnante di italiano gli disse, ridendo, qualche cosa del tipo "Si studia ancora Dante?". C'era stato il 68, ma un insegnante di italiano che ritiene Dante superato è un idiota.

Roberto Nucera:
Sono d'accordo con Riccardo. La commissione di maturità o almeno alcuni suoi componenti erano decisamente faziosi. Io avevo fatto il tema sulla questione meridionale, perché avevo letto un libro di storia dal nome che era un programma "Proletari senza rivoluzione" che mi aveva dato le "basi" di storia.
Ebbene l'insegnante di italiano mi disse, ancora prima dell'esame, incontrandomi in corridoio che era un bellissimo tema. Ma come era possibile: c'era forse qualche idea ma io purtroppo scrivevo e ancora scrivo con fatica e incertezza. Fu per quel tema che presi 60, Lo avevo già capito allora, per cui non diedi molta importanza a quel voto. Poi avendo partecipato a diverse "maturità" come insegnante, ho avuto conferma di una certa "opinabilità" nei voti... Vanna era passata dopo di me e Dario Oldani , ma io non mi ero fermato neanche a sentire Dario. 
Era per me un momento magico: avevo iniziato una "affettuosa amicizia" con una ragazza di 5 E e mi sembrava di vivere in una bolla di sapone. 
La mattina prima dell'esame orale, Vanna venne a casa mia preoccupata per l'interrogazione, ma io tutto preso da me stesso, dalle mie giovanili e immature interpretazioni sociali della cultura letteraria, non fui in grado di aiutarla. Andai a casa sua dopo i risultati dell'esame. Vanna era dispiaciuta ovviamente, ma non da perdere la sua serenità e quel suo certo distacco dal resto del mondo che la contraddistingueva. La mia amicizia con Vanna era stata una bella amicizia , ma vale la pena raccontarla con più calma in un post dedicato.



domenica 2 novembre 2014

L' ultima volta che incontrai Ezio (Valter Morizio)

Dopo il liceo lo incontrai qualche volta  lungo gli enormi corridoi del Poli, spesso era in compagnia di Efisio. Un rapido scambio di saluti, non molte parole, un : "Ciao, come stai ? A che punto sei con gli esami?". Non molto di più , purtroppo. Frequentavamo corsi di laurea diversi: lui chimica, io civile e le nostre strade ben presto si erano divise, già a livello del biennio. Sapevo che il suo corso era molto più duro del mio, aveva professori che caratterizzavano il Poli di quegli anni.
Finito il Poli non lo vidi più.
A metà degli anni '80 (1984/85), ero AD di una ditta di impianti elettrici, che stava realizzando gli impianti dell'Ospedale di Rivoli. Un giorno  si presentò in azienda  il funzionario tecnico-commerciale della Telemecanique, una multinazionale francese di apparecchiature elettriche. Era lui, Ezio Riva. Mi fece molto piacere rivederlo. Credo mi disse che era sposato e che  aveva un figlio. Io non ero sposato. Facemmo un po' di amarcord, degli anni del liceo e poi del Poli, mi raccontò le sue esperienze lavorative ed io le mie. Mi ricordo che fumava, non mi sembrava di averlo mai visto fumare prima. Poi passammo all' argomento dell' incontro, ovvero le forniture per l'ospedale. Ci sentimmo ancora qualche volta per lavoro,  se non ricordo male venne da me qualche altra volta, poche. Poi cambiai lavoro e non lo rividi mai più. Solo in questi mesi ho saputo che pochi anni fa è mancato. Gli sia lieve la terra.
Valter