Di lei non ho trovato traccia, nel mio costante girovagare in rete. Nulla di nulla, nè una memoria scritta di testi cui abbia collaborato, nè un necrologio, nè un luogo di sepoltura (perchè si anche questo fa parte del nostro voluto desiderio di "non conoscenza") . Mi son detto "E' un peccato che questa donna di cui, in fondo, sappiamo solo quello che ci ha trasmesso con costanza ed impegno per anni, sia dimenticata in maniera così totale". Quindi all'opera, attingiamo ai nostri ricordi e pazienza se saremo scontati e ripetitivi, come talora sono le persone d'età....
Il linguaphone. Questo libricino dalla copertina povera, color arancio invecchiato male, venne acquistato per consiglio/ordine della Bruno. Era a quei tempi una innovazione destabilizzante: questo per le nostre testoline, abituate ad essere guidate con pazienza tramite consolidati testi verso l'apprendimento di una lingua. La sua carica eversiva era data dal fatto che molte erano le figure, nulla di italiano vi figurava e tutto tutto era scritto in francese. I capitoletti erano molti, come le stazioni di una Via Crucis. Certo, adesso si può sorridere di queste considerazioni, ma a me il Linguaphone all'inizio era apparso come uno di quei strani dispositivi di cui non sai l'uso e nanche dove si trovi l'accensione. Fu la Bruno a guidarci nel nuovo mondo. Lì, i gatti stavano sotto o sopra i tavolini, il sole era giallo e i vari Messieurs e Mesdames dicevano cose di una banalità sconvolgente. Eppure il Linguaphone servì. C'era tutto il resto, d'accordo, ma fu un momento importante.
I compiti in classe. Non era certo, credo, per cattiveria che Mademoiselle Bruno nel restituirci i compiti corretti usasse la consegna a "scendere" o a "salire". Ad ogni nome, è vero, il cuore rallentava. Si scendeva, scendeva, si oltrepassavano le colonne d'Ercole del 6 meno meno, si aprivano scenari di delusione o di trionfo. Non per cattiveria dicevo, ma per una sua forma mentale di ordine e di classificazione mentale. Per noi forse non era bello ma glielo si poteva anche perdonare. Sorrideva sempre anche quando spiattellava un voto disonorevole, commentandolo in maniera precisa e indiscutibile. Non ricordo sia mai sbagliata nei giudizi.
L'alunno Seinera. Con la materia si sentiva a suo agio, gli piaceva leggere le avventure di Tintin in lingua per esercitarsi e divertirsi al contempo. Poi aveva la passione dei gialli di spionaggio. A quel tempo il suo eroe era Hubert Bonisseur de la Bath alias (come si scriveva allora) OSS117. L'autore Jean Bruce scriveva un francese non troppo difficile con gli stessi schemi ripetuti racconto dopo racconto. Anche queste avventure le leggevo in lingua. Forse M.lle Bruno, saputo di queste mie frequentazioni, mi sopravvalutò permettendomi di vivere, in un certo qual modo, di rendita. Il fatto è che comunque, singolarmente, il francese al Liceo lo appresi!
Gli scambi culturali e Monsieur Charles. La nostra amabile professoressa ad onta di quel suo monacale aspetto (vestiva come una clarissa in libera uscita) era in avanti coi tempi, se pensiamo alla scuola italiana anni 60/70.... Fin dall'inizio favorì i viaggi di studio con soggiorno presso famiglie francesi di molti di noi. Io non partecipai, perchè come ho scritto in un altro post, la mia casa era piccina e un francese proprio non avrei saputo dove collocarlo (sul balcone?). Un altro servizio offerto fu una serie di lezioni tenute da un francese del Sud tal Monsieur Charles che pare amasse intrattenerci sulle corride, praticate nella sua zona di origine Camargue Provenza. Ricordo poco d'altro del personaggio, forse qualcuno dei miei compagni ha una memoria migliore.....
L'implacabile. Se imparavi bene, altrimenti la bocciatura arrivava puntuale. Nessun buonismo. E a suo modo, anche in questo la Bruno era coerente. Gli strumenti per darti la possibilità di apprendere la sua materia te li forniva. Se non stavi alle regole, perdevi. A posteriori questo insegnamento di serietà l'ho rivalutato. Se ci voltiamo indietro e osserviamo le ombre sempre più tenui, nel ricordo, dei nostri innumerevoli insegnanti, non possiamo non notare la luce vivida che circonda ancora, dopo quasi mezzo secolo, questa donna semplice e cortese.
La ricerca di una traccia nello sconfinato universo virtuale, a volte è appassionante. Su Mademoiselle sembra essere però calato un velo impenetrabile di oblio. Nessuna pubblicazione, nessun necrologio, nulla. Scavando a fondo, ho solo rinvenuto un documento del febbraio 1975 in cui il suo nome, assieme a quello della Repetti Bongiovanni (Filosofia), viene proposto come candidato ai rappresentanti di classe degli Istituti superiori. Nel giugno 1984 la troviamo in commissione maturità sempre al Galfer. Saltuariamente compare la partecipazione a necrologi del suo nome, questo fino ad inizio degli anni 90. Dal 2002 ogni traccia scompare. C'è però da dire che il nome e il cognome sono troppo comuni per raggiungere criteri di certezza in questo genere di ricerche.
domenica 14 dicembre 2014
sabato 13 dicembre 2014
I miei compagni di classe... 44 anni dopo (Piero, Renata)
Eh si, fa paura pensare che sono passati 44 anni da quell'estate del 1970 in cui le nostre vite si sono divise e ognuno ha seguito la propria strada. Ieri sera eravamo di nuovo riuniti in un rumoroso locale del quartiere Lucento, al nostro secondo incontro dopo anni. Osservavo di tanto in tanto le espressioni dei miei compagni, intenti a ridere, chiacchierare, mangiare. Erano cambiati, tutti siamo cambiati, ma nonostante tutto trovavo piacevole vedere come il tempo aveva cambiato i nostri corpi e le nostre espressioni. L'idea di fondo dei nostri esseri, quella perdura immutabile e si ritrova fedelmente in un cenno, in una frase.
Ennio Prudenza: lui lo vedo regolarmente per motivi di lavoro. Ieri parlava di come, durante gli anni del liceo, piacesse sia a lui che a me, la stessa ragazza e di come fosse "tonto" (parole sue), allora, nel recepire i segnali amorosi sottilmente offertigli. Più volte rimandato a settembre di matematica, non si era mai considerato un grande studioso.
Mara Gianolio: una sorpresa piacevole. Ho parlato con lei di tante cose. Mi è piaciuta la sua aria discreta, la cauta ponderazione ad ogni risposta a mie domande su fatti e ricordi piacevoli o meno. Ad un certo punto ha evocato la persona di Efisio di cui ricordava la sensibilità e l'intelligenza. Mara è comunque persona capace di scherzare e ridere di cuore, sotto il velo di riservatezza che trapela ad ogni sguardo.
Renata Olivetti: in apparenza una signora posata e tranquilla, solo pochi accenni all'irruenza spensierata degli anni del liceo, ma si intravede sotto le ceneri la brace con cui può alimentare un'amicizia. Mi è spiaciuto non aver scambiato più parole con lei ieri: il flusso dei dialoghi portava verso i compagni di tavolo più vicini.
Valter Morizio: serio, molto ingegnere, solo poche concessioni allo humor. Ma comunque idee sempre ben orientate. Abbiamo parlato di alcune persone del liceo a lui care, a come si compiono a volte scelte obbligate e talora dolorose.
Liliana Inz: non l'ho mai persa di vista negli anni sia pure con lunghissime pause. Sempre cara, pur nella sua voluta, ostentata ruvidezza espressiva (non è un'offesa sia ben chiaro).
Valerio Cascini: il poeta lucano non ha avuto modo di declamare alcunchè, nessuno tra coloro che conoscono le sue doti compositive, ha pensato a stimolarne la vena. Era lontano da me non ho potuto parlargli molto. Ma so che oltre al poetare possiede una verve ironica molto esuberante....
Dario Oldani: caro vecchio affabulatore che a metà degli anni 60 tra una sigaretta e l'altra, monologavi infinite barzellette tra osceni rimandi all'imperfezione dei cieli! Hai perso la graffiante vis "contestatoria" (il famoso "impegno") ma mi piaci di più ora avvolto in un aria di dolcezza senza più l'eterna sigaretta alle labbra e i d...faz a ritmare i concetti. Il tuo memorabile addomentamento durante la lezione, mi pare, di M.lle Bruno è un caposaldo della nostra memoria liceale.
Sergio Buttironi: ai tempi della F, faceva parte di un gruppo della classe con cui non comunicavo molto (Gallione, Piccobotta, Bensi) ma tra loro era il più simpatico e cordiale. Come d'altronde aperto e affettuoso, lo è ancora adesso.
Daniela Amateis: sempre uguale ad allora. Penso però, pur non conoscendola molto, più giudiziosa di allora perchè in realtà se ben ricordo, era molto, molto birichina, per usare un eufemismo e determinata nelle sue scelte.
Franco Bagagli: in tutti questi anni, per conoscenze comuni, non ci siamo persi di vista. Sempre con la testa sulle spalle, si è sciolto nei movimenti, perdendo quella circospetta rigidità che forse gli derivava dall'essere al primo banco, per cui più a tiro degli insegnanti.
E infine Roberto Nucera l'unico che ho continuato a frequentare pur con una lunghissima pausa, come compagno e amico. Anche lui pur diversamente da Valerio, attraversato da una vena poetica più orientata però verso le composizioni musicali. Ha stemperato l'antica dottrina marxista in una più moderata visione della realtà, forse più realistica.
Ecco qua ho terminato la mia piccola galleria di impressioni. Di certo, mi si perdonerà la banalità delle mie considerazioni rimane su tutto l'affetto di fondo che provo per queste persone che ho ritrovato dopo tanto tempo e che penso di non aver mai completamente abbandonato pur nell'oblio di questi 44, spaventevolmente rapidi, anni.
Renata
Bravo Piero avresti dovuto fare lo scrittore. Io non posso certamente cimentarmi con te, anche perché quando sono in compagnia, sono così presa dalla conversazione che non osservo molto. Posso dire che il clima era sereno e che tutti mi sono sembrati a loro agio. Una cosa mi incuriosisce nelle tue riflessioni perché indichi tutti con nome e cognome, sembra che parli di estranei. Ma....
Io sinceramente tanti cambiamenti non li ho trovati e ho potuto constatare che certi pessimismi o amarezze permangono e lo scorrere degli anni non riesce a far vedere le cose passate in modo più sereno, forse perché a suo tempo hanno lasciato ferite profonde.
Anch'io ho scoperto in Mara una piacevole compagnia, allora la reputavo un po' troppo ''aristocratica''. Si per fortuna Daniela dopo il matrimonio si è calmata ed è molto meno rocambolesca forse un giorno, se mi darà il permesso, vi racconterò alcune nostre avventure veramente folli.
Dario è per fortuna quello che avevo conosciuto nei primi due anni tenero e pacato. Molto affettuosi anche Valerio e Sergio, che al tempo del liceo non frequentavo molto. Una cosa che ho notato è che i maschietti sono più ritrosi a baci e abbracci. Ancora qualche ritrosia o bon ton?
Quanto a me non sono una signora e forse non lo sarò mai, se non all'anagrafe, sono così effervescente naturale, quando c'è Piero, mi trattengo perché temo i suoi giudizi taglienti, la vita penso non mi abbia risparmiato nulla, ma riesco di solito a essere positiva e credo in alcuni valori irrinunciabili come l'amicizia, e quando credo in una cosa, mi ci getto a capofitto pur di ottenere lo scopo prefissato, questo a volte è un pregio, a volte un difetto perché poi batto certe ''zuccate''!!!!
Ennio Prudenza: lui lo vedo regolarmente per motivi di lavoro. Ieri parlava di come, durante gli anni del liceo, piacesse sia a lui che a me, la stessa ragazza e di come fosse "tonto" (parole sue), allora, nel recepire i segnali amorosi sottilmente offertigli. Più volte rimandato a settembre di matematica, non si era mai considerato un grande studioso.
Mara Gianolio: una sorpresa piacevole. Ho parlato con lei di tante cose. Mi è piaciuta la sua aria discreta, la cauta ponderazione ad ogni risposta a mie domande su fatti e ricordi piacevoli o meno. Ad un certo punto ha evocato la persona di Efisio di cui ricordava la sensibilità e l'intelligenza. Mara è comunque persona capace di scherzare e ridere di cuore, sotto il velo di riservatezza che trapela ad ogni sguardo.
Renata Olivetti: in apparenza una signora posata e tranquilla, solo pochi accenni all'irruenza spensierata degli anni del liceo, ma si intravede sotto le ceneri la brace con cui può alimentare un'amicizia. Mi è spiaciuto non aver scambiato più parole con lei ieri: il flusso dei dialoghi portava verso i compagni di tavolo più vicini.
Valter Morizio: serio, molto ingegnere, solo poche concessioni allo humor. Ma comunque idee sempre ben orientate. Abbiamo parlato di alcune persone del liceo a lui care, a come si compiono a volte scelte obbligate e talora dolorose.
Liliana Inz: non l'ho mai persa di vista negli anni sia pure con lunghissime pause. Sempre cara, pur nella sua voluta, ostentata ruvidezza espressiva (non è un'offesa sia ben chiaro).
Valerio Cascini: il poeta lucano non ha avuto modo di declamare alcunchè, nessuno tra coloro che conoscono le sue doti compositive, ha pensato a stimolarne la vena. Era lontano da me non ho potuto parlargli molto. Ma so che oltre al poetare possiede una verve ironica molto esuberante....
Dario Oldani: caro vecchio affabulatore che a metà degli anni 60 tra una sigaretta e l'altra, monologavi infinite barzellette tra osceni rimandi all'imperfezione dei cieli! Hai perso la graffiante vis "contestatoria" (il famoso "impegno") ma mi piaci di più ora avvolto in un aria di dolcezza senza più l'eterna sigaretta alle labbra e i d...faz a ritmare i concetti. Il tuo memorabile addomentamento durante la lezione, mi pare, di M.lle Bruno è un caposaldo della nostra memoria liceale.
Sergio Buttironi: ai tempi della F, faceva parte di un gruppo della classe con cui non comunicavo molto (Gallione, Piccobotta, Bensi) ma tra loro era il più simpatico e cordiale. Come d'altronde aperto e affettuoso, lo è ancora adesso.
Daniela Amateis: sempre uguale ad allora. Penso però, pur non conoscendola molto, più giudiziosa di allora perchè in realtà se ben ricordo, era molto, molto birichina, per usare un eufemismo e determinata nelle sue scelte.
Franco Bagagli: in tutti questi anni, per conoscenze comuni, non ci siamo persi di vista. Sempre con la testa sulle spalle, si è sciolto nei movimenti, perdendo quella circospetta rigidità che forse gli derivava dall'essere al primo banco, per cui più a tiro degli insegnanti.
E infine Roberto Nucera l'unico che ho continuato a frequentare pur con una lunghissima pausa, come compagno e amico. Anche lui pur diversamente da Valerio, attraversato da una vena poetica più orientata però verso le composizioni musicali. Ha stemperato l'antica dottrina marxista in una più moderata visione della realtà, forse più realistica.
Ecco qua ho terminato la mia piccola galleria di impressioni. Di certo, mi si perdonerà la banalità delle mie considerazioni rimane su tutto l'affetto di fondo che provo per queste persone che ho ritrovato dopo tanto tempo e che penso di non aver mai completamente abbandonato pur nell'oblio di questi 44, spaventevolmente rapidi, anni.
Renata
Bravo Piero avresti dovuto fare lo scrittore. Io non posso certamente cimentarmi con te, anche perché quando sono in compagnia, sono così presa dalla conversazione che non osservo molto. Posso dire che il clima era sereno e che tutti mi sono sembrati a loro agio. Una cosa mi incuriosisce nelle tue riflessioni perché indichi tutti con nome e cognome, sembra che parli di estranei. Ma....
Io sinceramente tanti cambiamenti non li ho trovati e ho potuto constatare che certi pessimismi o amarezze permangono e lo scorrere degli anni non riesce a far vedere le cose passate in modo più sereno, forse perché a suo tempo hanno lasciato ferite profonde.
Anch'io ho scoperto in Mara una piacevole compagnia, allora la reputavo un po' troppo ''aristocratica''. Si per fortuna Daniela dopo il matrimonio si è calmata ed è molto meno rocambolesca forse un giorno, se mi darà il permesso, vi racconterò alcune nostre avventure veramente folli.
Dario è per fortuna quello che avevo conosciuto nei primi due anni tenero e pacato. Molto affettuosi anche Valerio e Sergio, che al tempo del liceo non frequentavo molto. Una cosa che ho notato è che i maschietti sono più ritrosi a baci e abbracci. Ancora qualche ritrosia o bon ton?
Quanto a me non sono una signora e forse non lo sarò mai, se non all'anagrafe, sono così effervescente naturale, quando c'è Piero, mi trattengo perché temo i suoi giudizi taglienti, la vita penso non mi abbia risparmiato nulla, ma riesco di solito a essere positiva e credo in alcuni valori irrinunciabili come l'amicizia, e quando credo in una cosa, mi ci getto a capofitto pur di ottenere lo scopo prefissato, questo a volte è un pregio, a volte un difetto perché poi batto certe ''zuccate''!!!!
venerdì 12 dicembre 2014
Il nostro bidello
Montrucchio è stato uno degli ultimi rappresentanti di una categoria ben caratterizzata nell'ambito della struttura scolastica, liceale del tempo. Conservava ancora la sua persona una fisionomia professionale precisa, quella appunto del "bidello". Ora non si usa più chiamarli così, sono diventati dei "collaboratori scolastici" mi sembra, figure anonime poco valorizzate e spesso di basso profilo professionale. Il bidello Montrucchio invece si situava per competenze e prestigio ad un gradino solo inferiore rispetto agli insegnanti (senza mancare di rispetto a questi ultimi, parliamo di ruoli non di capacità didattiche!). Regolava i flussi, controllava, agiva. Montrucchio me lo ricordo serio e attento, sempre sicuro nello svolgimento delle sue mansioni. Quell'estate del 70, si era conclusa da poco più di un mese la nostra storia di vita al Galileo Ferraris, appresi la notizia in campagna leggendola sul giornale cittadino. L'episodio mi intristì perchè era una delle prime volte che vedevo scomparire una persona conosciuta che per molti anni avevo visto e avvicinato senza capire (e come sarebbe stato possibile?) il segreto della sua sofferenza.
Lunedì 17 agosto 1970
sabato 22 novembre 2014
Il primo post (Renata)
Questo è il mio primo post, non mi trovo molto a mio agio anche perchè fa cose strane, ma mi sforzerò. Ma non vorrei che fosse un duetto tra me e Piero.

Ricordi di Elisa e Lucia ( poi li sistemerò)

Questo è quello che penso sull'amicizia e cosa vorrei fare con i miei amici che reputo persone intelligenti , ma a volte penso di non essere capita SOB!!!!!!!!!!
spes est ultimum mori
Ricordi di Elisa e Lucia ( poi li sistemerò)
l'unica informazione ma riguarda i primi anni (forse 2 anno?!) Castagnotto supplente di italiano che sbadigliava sempre ma era forte! lo incontro sempre in via mazzini xchè abita nella mia zona. è sempre uguale!
E poi incrocio sempre la Tira che è ancora viva e vegeta e gira da sola! quando avevo i figli piccoli chiamavo suo figlio che faceva il 'mago' ... alle feste dei bambini e l'avevo contattata . Adesso non si ricorda più di me credo.
Giusto per i matematici. La suppl di Craveri in 4 era Maria Cristina Catti ed il supplente di Troletti mi pare Fea: C'è stato un supplente di scienze in 4 o 5 ma breve meteora
venerdì 21 novembre 2014
The way I was.... (Piero Seinera)
Ho scelto questa parafrasi che rimanda al celebre The way we were che fece sognare molti giovani negli anni 70, per ricordare com'era il ragazzo Piero che nel 65 si era iscritto ad uno dei più prestigiosi Licei della città, lui che di matematica ne masticava poca. Era uscito dalla media Pascoli con un giudizio generico che recitava: "Studente volenteroso, diligente, può accedere ad un qualsiasi percorso di studi dal Liceo agli Istituti tecnici" La scelta del Galileo Ferraris era stata dettata dall'amicizia intrecciatasi con Maggiora, Neri e Riva che avevano già deciso a quale scuola iscriversi.
Piero e lo sport.Aveva iniziato a frequentare la palestra di via Braccini e a disputare partite di campionato negli allievi di pallavolo del CUS Torino. Questo in seguito ad un reclutamento avvenuto nell'ora di ginnastica in cui un dirigente allenatore della società cittadina aveva spiegato cos'era la pallavolo e come era possibile accedere a questo sport. Per tutta la durata del liceo frequentò quindi palestre e campi da gioco: la pallavolo torinese in quei primi anni di sviluppo non era ancora assistita dai grandi sponsor per cui non erano richiesti grandi traguardi. Ci si divertiva e basta.
Piero e il vestire. Già allora non amava camicie e cravatte, il concetto di eleganza non l'aveva mai sfiorato per cui l'idea, per esempio, di interessare una ragazza o di far colpo con un indumento gli era del tutto sconosciuta. In realtà era sua madre che comperava nei negozi di quartiere maglie, magliette e scarpe. Lui non discuteva mai le scelte, indossava e via. Piero e lo studio. Il rapporto con le materie scientifiche non fu mai sereno anche se un certo successo l'ottenne al secondo anno (o era il primo?) con un 9 in geografia. Aveva studiato sulla cartina muta dell'atlante una trentina di città della Finlandia e le sapeva indicare senza errore una dopo l'altra. Per le nozioni futili aveva sempre avuto una certa propensione. Anche se non era uno "studioso" appassionato aveva ben chiaro in mente un concetto. Era lì per studiare. Aveva alle spalle un padre non più giovane che per mantenerlo agli studi aveva posticipato il pensionamento. Con gli anni prese le misure al sitema scolastico e a questo punto tirò un respiro di sollievo, allentando la tensione e la paura del possibile insuccesso. Il Griffa si era dileguato, la burbera Gugliotta pure. Nei primi anni di liceo il mondo femminile fu osservato di lontano, con simpatie non manifestate e batticuori silenziosi senza mai intrusioni. Non sapeva bene come iniziare.
Piero e lo sport.Aveva iniziato a frequentare la palestra di via Braccini e a disputare partite di campionato negli allievi di pallavolo del CUS Torino. Questo in seguito ad un reclutamento avvenuto nell'ora di ginnastica in cui un dirigente allenatore della società cittadina aveva spiegato cos'era la pallavolo e come era possibile accedere a questo sport. Per tutta la durata del liceo frequentò quindi palestre e campi da gioco: la pallavolo torinese in quei primi anni di sviluppo non era ancora assistita dai grandi sponsor per cui non erano richiesti grandi traguardi. Ci si divertiva e basta.
Piero e il vestire. Già allora non amava camicie e cravatte, il concetto di eleganza non l'aveva mai sfiorato per cui l'idea, per esempio, di interessare una ragazza o di far colpo con un indumento gli era del tutto sconosciuta. In realtà era sua madre che comperava nei negozi di quartiere maglie, magliette e scarpe. Lui non discuteva mai le scelte, indossava e via. Piero e lo studio. Il rapporto con le materie scientifiche non fu mai sereno anche se un certo successo l'ottenne al secondo anno (o era il primo?) con un 9 in geografia. Aveva studiato sulla cartina muta dell'atlante una trentina di città della Finlandia e le sapeva indicare senza errore una dopo l'altra. Per le nozioni futili aveva sempre avuto una certa propensione. Anche se non era uno "studioso" appassionato aveva ben chiaro in mente un concetto. Era lì per studiare. Aveva alle spalle un padre non più giovane che per mantenerlo agli studi aveva posticipato il pensionamento. Con gli anni prese le misure al sitema scolastico e a questo punto tirò un respiro di sollievo, allentando la tensione e la paura del possibile insuccesso. Il Griffa si era dileguato, la burbera Gugliotta pure. Nei primi anni di liceo il mondo femminile fu osservato di lontano, con simpatie non manifestate e batticuori silenziosi senza mai intrusioni. Non sapeva bene come iniziare.
La scoperta al secondo anno di Proust e della sua Recherche gli aprì un mondo: attraverso l'analisi sottile e protratta dei sentimenti amorosi e del ricordo, assi portanti del lunghissimo romanzo cominciò a capire che l'amore era una faccenda assai più complicata del previsto. Seguirono giorni e mesi di appassionata lettura. La cartolina di Neri qui sopra è testimonianza del fatto che questa passione era conosciuta e incoraggiata...... Riccardo parla di una prenotazione della Walkiria... chissà cosa voleva dire....
[continua?]
Riccardo (Neri)
Non ho neanch'io la più pallida di che cosa fosse la prenotazione per la Walchiria. In quegli anni scoprivo Wagner (oltre a Proust, che però imparai ad apprezzare più avanti), ma non andai a vedere/sentire la Walchiria. Forse Franco Bagagli, grande wagneriano già allora, può darci qualche lume.
Efisio mi fece sentire l'ouverture del Tannhauser e io decisi di comprarmi il Tannhauser, scoprendo solo in negozio che era un'intera opera (al di fuori della portata delle mie tasche) e non il 45 giri che Efisio mi aveva fatto sentire.
Piero.
Si, anche a me è capitata un'esperienza analoga e similmente con Wagner. Innamorato dell'anello del Nibelungo (Gotterdamerung ecc) pensai di comperarmi i brani del 33 giri che avevo ereditato da mia sorella.... Scoprii con raccapriccio in seguito che l'opera, ancorchè lunghissima, è per gran parte cantata (in tedesco) e le voci acute non suscitavano più in me quel languore provato per Sigfrido e il Crepuscolo degli Dei.....
martedì 11 novembre 2014
Prima F , Primo giorno di Scuola : Nucera Roberto.
Venerdì primo ottobre o forse sabato due ottobre 1965, ore otto o nove.
Tutti stipati nell'ingresso del liceo scientifico Galileo Ferraris, più di duecento ragazzini aspettavano con ansia di sapere in quale sezione erano stati iscritti al loro primo anno di scuola superiore.
Io ero lì con i miei compagni di classe delle medie. Ero quasi sicuro che sarei andato con molti di loro nella sezione C, perché così le nostre mamme avevano chiesto alla segreteria della scuola.
La sezione C era una della sezioni che accoglieva i ragazzi che avevano studiato francese nelle medie e volevano passare alla lingua inglese.
Chiacchieravo con il mio amico delle medie Corrado Locati con cui in settembre ero andato nelle librerie del centro a cercare libri della mitica BUR, con la nascosta intenzione di trovare nei classici della letteratura qualche pagina che potesse essere complice dei nostri adolescenziali sogni alla scoperta del sessualità.
A casa sua Corrado mi aveva fatto sentire il primo long playing, comprato dal fratello maggiore, del cantautore allora quasi sconosciuto Fabrizio De André, in cui si affrontavano temi che non si sentivano certo alla radio.
Intanto un professore iniziò a fare l'appello, distribuendo gli alunni nelle loro classi.
Sezione C ...... Cavalla ..... Ferraris ....... Locati ... Martiny.
Mi diressi anche io con loro, convinto che avrebbero chiamato anche il mio cognome, ma niente.
Rimasi nell'ingresso del liceo, solo, anche se fra tanti ragazzini. L'appello continuava lento. Pensavo quasi che si fossero dimenticati di me (chi sa, una svista) quando, arrivati quasi alla fine dell'appello della sezione F , sentii "Nucera" e mi accodai alla fila dei nuovi compagni.
Ci avviammo verso una grigia aula del secondo piano , dove andai subito a sedermi il più lontano possibile in uno degli ultimi banchi.
Mi sentivo triste e spaesato , ma una nota positiva c'era: mentre la sezione C era rimasta rigorosamente maschile, nella classe c'era un buon numero di ragazze.
L'insegnante che ci guardava da dietro la cattedra era la professoressa Gugliotta di italiano, latino, storia e geografia.
Non mi ricordo bene quale fu il suo discorso introduttivo, ma sono quasi sicuro che sottolineò la serietà e la difficoltà degli studi che caratterizzavano il liceo Galileo Ferraris, invitando implicitamente chi non aveva una preparazione adeguata a prendere in considerazione l'ipotesi di cambiare scuola (cosa che in seguito fecero diversi compagni di classe)
Poi dettò la lista dei libri di testo, da cui compresi che avrei continuato lo studio del francese invece di iniziare quello dell'inglese. Ci saremmo rivisti il 5 ottobre e l'insegnante ci diede subito i compiti per casa: un tema su di uno dei libri letti durante le vacanze (non era neanche pensabile che un ragazzino intenzionato ad iscriversi al liceo non leggesse almeno un libro in estate) e una traduzione dal latino all'italiano che ci dettò velocemente.
Quando dissi a mia madre che ero stato iscritto ad una sezione in cui si continuava lo studio del francese, decise che sarebbe andata a parlare con il preside per farmi cambiare di sezione.
Io che sono timoroso e che sono avverso ad ogni cambiamento (anche la presenza delle ragazze non mi dispiaceva certo) non l'appoggiai nel suo proposito e così mia madre, che aveva solo frequentato la quinta elementare ed era un po' impaurita all'idea di confrontarsi con le autorità scolastiche, non trovò il coraggio di andare dal preside.
Rimasi nella sezione F. Chissà perché sono stato l'unico della mia classe delle medie cui non sia stato concesso di passare alla lingua inglese?
Ho due ipotesi. La prima è un po' cattiva, ma come diceva Andreotti "a pensar male si fa peccato ma ...." : non avevo certo raccomandazioni. La seconda è un po' più didattica.
Io ero un ragazzino molto studioso, la mia famiglia vedeva nella scuola l'unica via di uscita a una vita grama e mia mamma era calvinista senza saperlo.
"Prima il dovere, poi il piacere" mi ripeteva di continuo. Per lei (e anche per me purtroppo) un sette era un brutto voto.
All'esame di terza media ci fu un piccolo litigio con l'insegnante di matematica : non le piaceva il mio modo di scrivere la variabile "b" e il disegno che avevo fatto di un cono incluso in un cubo non soddisfaceva i suoi criteri estetici.
Presi "solo" otto di matematica all'esame e forse per questo l'insegnante di francese decise di darmi nove, anche se non mi aveva mai gratificato di un simile voto negli anni precedenti.
La commissione del Galfer che "faceva" le classi, forse avrà pensato che fosse più coerente farmi continuare a studiare una lingua in cui avevo raggiunto risultati talmente brillanti.
La mia famiglia pretendeva, senza nemmeno dirlo, voti alti e io purtroppo avevo pienamente interiorizzato l'importanza delle studio. Fui in forte difficoltà in quel primo anno, le richieste degli insegnanti erano decisamente elevate.
Lo studio continuo ed eccessivo mi impedì di curare l'armonioso sviluppo del corpo (da cui le spalle curve) e non favorì le relazioni con il gentil sesso.
La rabbia che negli ultimi anni di scuola mostravo verso la scuola è soprattutto figlia della sofferenza derivante da uno studio eccessivo, ma avrò occasione di riparlarne.
Piero:
Roberto era già allora molto serio per la sua età. Metodico, determinato, affrontava con ponderato impegno ogni aspetto dell'apprendere. Sapevi, nel porgli una domanda di aiuto, che nulla sarebbe stato affidato al caso e l'impegno nel rispondere, massimo. Non era sì, possiamo dirlo, persona di sereno e solare ingegno, nel senso che la sua intelligenza pareva svilupparsi da un "sofferto" studiare e non da un facile e istintivo padroneggiare il sapere, come invece era per Riccardo (Neri). Ci fu verso metà liceo un virare verso l'ideologia marxista e anche qui la cosa non fu presa con superficialità.
Riccardo (Neri):
Del primo giorno di scuola ho solo il ricordo del cambiamento di posto. Non mi rammento nulla dell'appello iniziale. So solo che in classe noi quattro che provenivamo dalla stessa scuola media (Efisio, Ezio, Piero e io, dalla Pascoli) ci eravamo messi nella fila di destra (guardando la cattedra), ai primi posti. La Gugliotta diede un'occhiata alla classe (35 allievi) e subito mi spostò, perché avevo la faccia del bravo ragazzo, mettendomi in terza fila e mandando la mio posto qualcun altro (che doveva apparirle "agitato"). Se ricordo bene dietro di me c'era Roberto. Forse davanti c'era Maurizio. A sinistra, oltre lo spazio di passaggio, la formazione compatta delle ragazze: 4 file di 4 banchi.
Tutti stipati nell'ingresso del liceo scientifico Galileo Ferraris, più di duecento ragazzini aspettavano con ansia di sapere in quale sezione erano stati iscritti al loro primo anno di scuola superiore.
Io ero lì con i miei compagni di classe delle medie. Ero quasi sicuro che sarei andato con molti di loro nella sezione C, perché così le nostre mamme avevano chiesto alla segreteria della scuola.
La sezione C era una della sezioni che accoglieva i ragazzi che avevano studiato francese nelle medie e volevano passare alla lingua inglese.
Chiacchieravo con il mio amico delle medie Corrado Locati con cui in settembre ero andato nelle librerie del centro a cercare libri della mitica BUR, con la nascosta intenzione di trovare nei classici della letteratura qualche pagina che potesse essere complice dei nostri adolescenziali sogni alla scoperta del sessualità.
A casa sua Corrado mi aveva fatto sentire il primo long playing, comprato dal fratello maggiore, del cantautore allora quasi sconosciuto Fabrizio De André, in cui si affrontavano temi che non si sentivano certo alla radio.
Intanto un professore iniziò a fare l'appello, distribuendo gli alunni nelle loro classi.
Sezione C ...... Cavalla ..... Ferraris ....... Locati ... Martiny.
Mi diressi anche io con loro, convinto che avrebbero chiamato anche il mio cognome, ma niente.
Rimasi nell'ingresso del liceo, solo, anche se fra tanti ragazzini. L'appello continuava lento. Pensavo quasi che si fossero dimenticati di me (chi sa, una svista) quando, arrivati quasi alla fine dell'appello della sezione F , sentii "Nucera" e mi accodai alla fila dei nuovi compagni.
Ci avviammo verso una grigia aula del secondo piano , dove andai subito a sedermi il più lontano possibile in uno degli ultimi banchi.
Mi sentivo triste e spaesato , ma una nota positiva c'era: mentre la sezione C era rimasta rigorosamente maschile, nella classe c'era un buon numero di ragazze.
L'insegnante che ci guardava da dietro la cattedra era la professoressa Gugliotta di italiano, latino, storia e geografia.
Non mi ricordo bene quale fu il suo discorso introduttivo, ma sono quasi sicuro che sottolineò la serietà e la difficoltà degli studi che caratterizzavano il liceo Galileo Ferraris, invitando implicitamente chi non aveva una preparazione adeguata a prendere in considerazione l'ipotesi di cambiare scuola (cosa che in seguito fecero diversi compagni di classe)
Poi dettò la lista dei libri di testo, da cui compresi che avrei continuato lo studio del francese invece di iniziare quello dell'inglese. Ci saremmo rivisti il 5 ottobre e l'insegnante ci diede subito i compiti per casa: un tema su di uno dei libri letti durante le vacanze (non era neanche pensabile che un ragazzino intenzionato ad iscriversi al liceo non leggesse almeno un libro in estate) e una traduzione dal latino all'italiano che ci dettò velocemente.
Quando dissi a mia madre che ero stato iscritto ad una sezione in cui si continuava lo studio del francese, decise che sarebbe andata a parlare con il preside per farmi cambiare di sezione.
Io che sono timoroso e che sono avverso ad ogni cambiamento (anche la presenza delle ragazze non mi dispiaceva certo) non l'appoggiai nel suo proposito e così mia madre, che aveva solo frequentato la quinta elementare ed era un po' impaurita all'idea di confrontarsi con le autorità scolastiche, non trovò il coraggio di andare dal preside.
Rimasi nella sezione F. Chissà perché sono stato l'unico della mia classe delle medie cui non sia stato concesso di passare alla lingua inglese?
Ho due ipotesi. La prima è un po' cattiva, ma come diceva Andreotti "a pensar male si fa peccato ma ...." : non avevo certo raccomandazioni. La seconda è un po' più didattica.
Io ero un ragazzino molto studioso, la mia famiglia vedeva nella scuola l'unica via di uscita a una vita grama e mia mamma era calvinista senza saperlo.
"Prima il dovere, poi il piacere" mi ripeteva di continuo. Per lei (e anche per me purtroppo) un sette era un brutto voto.
All'esame di terza media ci fu un piccolo litigio con l'insegnante di matematica : non le piaceva il mio modo di scrivere la variabile "b" e il disegno che avevo fatto di un cono incluso in un cubo non soddisfaceva i suoi criteri estetici.
Presi "solo" otto di matematica all'esame e forse per questo l'insegnante di francese decise di darmi nove, anche se non mi aveva mai gratificato di un simile voto negli anni precedenti.
La commissione del Galfer che "faceva" le classi, forse avrà pensato che fosse più coerente farmi continuare a studiare una lingua in cui avevo raggiunto risultati talmente brillanti.
La mia famiglia pretendeva, senza nemmeno dirlo, voti alti e io purtroppo avevo pienamente interiorizzato l'importanza delle studio. Fui in forte difficoltà in quel primo anno, le richieste degli insegnanti erano decisamente elevate.
Lo studio continuo ed eccessivo mi impedì di curare l'armonioso sviluppo del corpo (da cui le spalle curve) e non favorì le relazioni con il gentil sesso.
La rabbia che negli ultimi anni di scuola mostravo verso la scuola è soprattutto figlia della sofferenza derivante da uno studio eccessivo, ma avrò occasione di riparlarne.
Piero:
Roberto era già allora molto serio per la sua età. Metodico, determinato, affrontava con ponderato impegno ogni aspetto dell'apprendere. Sapevi, nel porgli una domanda di aiuto, che nulla sarebbe stato affidato al caso e l'impegno nel rispondere, massimo. Non era sì, possiamo dirlo, persona di sereno e solare ingegno, nel senso che la sua intelligenza pareva svilupparsi da un "sofferto" studiare e non da un facile e istintivo padroneggiare il sapere, come invece era per Riccardo (Neri). Ci fu verso metà liceo un virare verso l'ideologia marxista e anche qui la cosa non fu presa con superficialità.
Riccardo (Neri):
Del primo giorno di scuola ho solo il ricordo del cambiamento di posto. Non mi rammento nulla dell'appello iniziale. So solo che in classe noi quattro che provenivamo dalla stessa scuola media (Efisio, Ezio, Piero e io, dalla Pascoli) ci eravamo messi nella fila di destra (guardando la cattedra), ai primi posti. La Gugliotta diede un'occhiata alla classe (35 allievi) e subito mi spostò, perché avevo la faccia del bravo ragazzo, mettendomi in terza fila e mandando la mio posto qualcun altro (che doveva apparirle "agitato"). Se ricordo bene dietro di me c'era Roberto. Forse davanti c'era Maurizio. A sinistra, oltre lo spazio di passaggio, la formazione compatta delle ragazze: 4 file di 4 banchi.
lunedì 10 novembre 2014
I nostri compagni di classe (Renata)
I miei
compagni...............??????????????? Che cosa potrei raccontare di loro? Tutto
e niente. Anzitutto arrivata in 3a F nell'ottobre del 1967 di molti
loro, non ho un ricordo dei primi anni, mentre Manolo, Ennio, Dario, Valerio e
Franco Borri (Bobo) erano già stati miei compagni in anni precedenti.
Specialmente di Franco ho un vivo ricordo: sempre
di buon umore, scherzoso, a volte anche un po' troppo, conciliante e “vivi e
lascia vivere”, con lui si poteva avere un rapporto disinibito, senza paura di
essere continuamente giudicati. Anche quando ci siamo incontrati alla cena, è
stato come se gli anni non fossero passati, la confidenza è stata la stessa e
abbiamo ricordato ogni avvenimento con piacere.
Dario e Valerio erano molto cambiati, forse cresciuti,
ma sempre pronti a contestare.
E dei nuovi che dire? Mi legai in modo
particolare a Riccardo anche perché abitavamo vicino e andavamo e venivamo da
scuola insieme e avevamo così molto tempo per chiacchierare e poi studiavo
molto bene con lui. Nonostante la sua grande intelligenza e preparazione aveva
il dono di non farti mai sentire inferiore, non era un secchione
aveva una vera passione per lo studio e al di fuori della scuola aveva
tantissimi interessi, lo sci, il cinema, il teatro, la musica, una vera
miniera. Un ricordo buffissimo è dei nostri venerdì. Uscivamo da scuola alle 13
e alle 13.05 iniziava Hit Parade, per noi irrinunciabile, e così Riccardo si
era organizzato con una radiolina e l'ascoltavamo strada facendo e nella bella
stagione veniva a scuola in Graziella e al ritorno per fare più in fretta
facevamo a turno sulla bicicletta e l'altro correva. Quanto eravamo giovani e
atletici! Con Riccardo condividevo molte idee e modi di vivere, le cose che
erano veramente importanti nella vita, quali l'essere e non l'apparire, l'agire
e non parlare solamente, lo trovavo maturo e al tempo stesso ironico e
divertente per certe sue battute su alcune mie scelte. Mi ricordo che un giorno
io dissi: ''Se son rose fioriranno'' e lui mi rispose: ''Speriamo che non
fioriscano troppo''. Fantastiche erano le meringhe che sua madre ci faceva
trovare per merenda nei pomeriggi in cui studiavamo da lui.
Altro grande amico fu Franco Bagagli, sempre
scherzoso e di buon umore, anche lui molto studioso e soprattutto altruista,
era spesso preso in giro da me, Riccardo ed Elisa per certi aspetti del
suo carattere e lui ribadiva sempre paziente ed arguto, un vero
compagnone!!!!!!
Con gli altri non legai molto per tanti motivi,
anche diversi: alcuni erano troppo riservati e se ne stavano chiusi nel loro
guscio, altri avevo l'impressione che mi guardassero sempre un po' dall'alto in
basso, pronti a criticare, ed essendo una a cui per sentirsi bene necessitano
pochi amici sinceri, non andai mai oltre. Con alcuni penso non aver scambiato
nell'arco del triennio più di una cinquantina di parole e spesso anche in
polemica. In realtà non avevo di loro una grande considerazione: li ritenevo
troppo infantili e spesso anche opportunisti. Quella posizione strategica nel
primo banco di me e Daniela alla fine giovava più a certi nostri compagni,
che di solito non ci rivolgevano neppure la parola, ma in occasione delle
interrogazioni pretendevano che noi tenessimo il libro aperto e sfogliassimo
anche le pagine al fine di poter sbirciare e, anche se non preparati, strappare
almeno una sufficienza. Devo dire che sono sempre molto colpita ieri come oggi
dalle certezze di Piero. Sì, è vero, a volte io e Daniela ci lasciavamo un po'
andare, non avevamo certo l'aplomb di altre compagne, in compenso avevamo
sicuramente del fair play.
RENATA
Io comunque mi sbaglierò, ma ti vedevo e ti vedo così anche oggi, sempre molto deciso e quasi sempre prevalente, un po'troppo impositivo. Le mie come le tue, ovviamente, sono sensazioni a ''pelle'' per quel poco che ci conosciamo.
Riccardo (Neri)
I venerdì con Hit Parade e la bicicletta me li ricordo anch'io e a ripensarci dopo tutti questi anni, mi viene ancora da ridere. Oltre tutto la bici era una Graziella, più adatta a bambini che a noi.
Piero:
Cara Renata, era con simpatia che nel mio post descrivevo i vostri, tuoi e di Daniela, armeggii grafico-verbali al primo banco.... E' vero, in tanti anni abbiamo scambiato poche frasi, ma non era per supponenza. Come penso accada ovunque, si creano dei gruppi di amicizia o di consuetudine che poi a seconda del carattere dei membri possono evolvere o chiudersi a riccio. Quest'ultimo atteggiamento è forse stato proprio del nostro gruppo, gruppo che comprendeva Ezio, Efisio, Riccardo Belli, Maurizio e più occasionalmente Roberto e Manolo. L'evoluzione fu poi l'introduzione di Liliana e Mara come ragazze di due di noi. Eravamo forse sì, infantili, ma tutto sommato, per quegli anni lo siamo stati in maniera fisiologica. Più che infantili direi un po' "addormentati". Riguardo alle mie certezze, passate e attuali, sei in errore. Non ho mai avuto la consapevolezza di possedere grandi certezze. Ho cambiato spesso opinioni, ma non per opportunismo, atteggiamento che mi è alieno da sempre. La prova è che tutto ciò che avuto nella vita, nel lavoro soprattutto, è stato ottenuto con sforzo e fatica, ma sempre senza i grandi vantaggi che scelte di opportunismo appunto, ti permettono di ricavare.
Io comunque mi sbaglierò, ma ti vedevo e ti vedo così anche oggi, sempre molto deciso e quasi sempre prevalente, un po'troppo impositivo. Le mie come le tue, ovviamente, sono sensazioni a ''pelle'' per quel poco che ci conosciamo.
Riccardo (Neri)
I venerdì con Hit Parade e la bicicletta me li ricordo anch'io e a ripensarci dopo tutti questi anni, mi viene ancora da ridere. Oltre tutto la bici era una Graziella, più adatta a bambini che a noi.
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