martedì 28 ottobre 2014

Ricordo di Ezio Riva (1951-2003) di Piero Seinera


Al Galfer quel giorno d'autunno del 1965 ci arrivammo a piedi. Partendo da corso Ferrucci e percorrendo il lungo viale alberato di corso Castelfidardo, tra le foglie degli ippocastani e i loro frutti lisci e inutili. Avevamo fatto insieme i tre anni delle medie alla Pascoli e ora ci apprestavamo al grande salto...... Ezio era stato sempre considerato il piccolo della nostra classe, non solo per via della statura ma anche e soprattutto, per un certo delicato e gentile modo di presentarsi alle persone. Ci fu un giorno, nel corso del primo anno di Liceo, che lo affiancai lungo la strada verso la scuola e notai con grande stupore che fra le labbra stringeva una sigaretta. Il fumo gli saliva agli occhi, che teneva socchiusi e l'espressionedel viso era intenta e concentrata. "Fumi? gli dissi... ed ero veramente stupito perchè allora questa abitudine l'avevo sempre considerata cosa da adulti. Rispose con un semplice "Si, certo....". Ma per me il suo "Certo" era tutt'altro che scontato. Vedere lui, piccolino, stringere tra le dita un mozzicone fumante, era quanto di più strano potessi immaginare. Altri tempi, illuminati da una inconsapevole ingenuità...... "  La nostra amicizia, se alle medie era stata improntata ad una certa formalità, ora si era fatta più profonda. Condividevamo preoccupazioni e speranze, l'intimità dei nostri discorsi era intensa e curiosa. Negli ultimi anni di Liceo il mio status di "accoppiato" non mi aveva impedito di continuare a coltivare la sua amicizia. Con il diploma, le nostre strade presero direzioni diverse, lui verso il Politecnico, io verso medicina. Ciononostante ci furono i bei viaggi, in Scandinavia, in Spagna e da ultimo in Calabria nel 74.
Ogni anno per molti anni continuammo a vederci sempre ritovando quel piacere della confidenza, del pettegolezzo bonario, del parlare, ora uomini fatti, della vita. A volte parlava con enfasi e allora mi veniva spontaneo prenderlo in giro, perchè da quel suo essere "il piccolo" non ne uscì forse mai, per me. Presente alla nascita di suo figlio (per via del mio mestiere...) , me lo ricordo felice e commosso. 
Nella primavera del 2003 di prima mattina mi chiamò al telefono Riccardo (Belli). "Ezio è morto, stanotte. Vieni" Ho pensato tante cose mentre mi recavo verso casa sua, in quella Torino di periferia, grigia e fredda. Quella mattina è stata forse la prima volta che ho visto nell'espressione rilassata ed irragiungibile di una persona cara che non c'è più, qualcosa di irreparabile e di grande malinconia. 








venerdì 24 ottobre 2014

Ora di ginnastica: Il Bertacchini.......

Chi non ricorda le ore oziose del "far nulla" che da sempre caratterizzano l'ora di ginnastica, a qualsiasi latitudine e in qualunque realtà scolastica dello stivale? Il nostro liceo su questo non faceva eccezione. A mala pena si ricordano i professori che si sono succeduti per contribuire a fare di noi, nel decennio del '60, adolescenti atletici esempi di una gioventù sana e dinamica. Il Bertacchini lo ricordo più per la sua compassata eleganza che per l'insegnamenti dati. Arrivava in classe per lo più con completi  accuratamente confezionati, in genere sul beigiolino e ci lasciava ampio margine di libertà discrezionale. Nel ricordo l'ho sempre più assimilato ad un Curzio Malaparte ceduto all'insegnamento, di certo più per quei capelli stirati all'indietro (chissà se usava la brillantina...) e l'espressione svagata e un tantino snob, che per sfoggio di cultura e desiderio di insegnare alcunchè. Quanto sarà stato con noi? Non so, forse qualcuno dei miei silenziosi compagni di corso lo ricorda....

Ho trovato, sfogliando le pagine de La Stampa un necrologio che forse gli appartiene...

Gaetano Bertacchini
Insegnante
Ne danno il doloroso annuncio: la sorella, il cognato, nipote e parenti tutti. La salma partirà dall'Ospedale Molinette il giorno 13 cm. Per orario funerali telefonare al n°.....
Torino, 11 settembre 1980



martedì 14 ottobre 2014

Tracce della Professoressa Tira (di Piero Seinera)

Me lo sono chiesto soltanto anni dopo: perchè aveva abbandonato quel suo cognome da nubile, Griseri, nome gentile e soave, che scivola via tra lingua e palato, per adottare quello  secco, molto teutonico del marito, cattedratico universitario, Tira. Certo "Tira" è nome imperioso che ricorda solida determinazione e attitudine al comando..... Griseri poco si addiceva forse  a quegli occhi azzurri che sollevandosi lentamente dal registro di classe, attraversavano lo spazio per raggiungere il tuo capo reclinato sul nulla di un esercizio non finito o di un teorema mal digerito.... In quei momenti, per gli alunni come il sottoscritto, che per matematica provavano un sacro terrore, germinato da una inattitudine quasi genetica alla materia...., la professoressa, cui la natura aveva riservato una statura davvero minima, diventava gigantesca e di carnivora sembianza. I voti, che molti le han riconosciuti dispensati con saggezza e giustizia, erano spesso per me situati sul confine mediocre del 5 a 6. Eppure me la cavai anche in quell'anno o due che la Nostra sedette dietro la cattedra. Ci lasciò, si disse anni dopo, per fare carriera nel mondo universitario, ma di questo non ho notizie certe.
Ho cercato nel web tracce di lei, spinto dalla mia nevrosi di conoscere le vite altrui....

Griseri Tira Bruna nata 1 febbraio 1927 a Mondovì.

Una citazione della nostra si trova in:
Numeri, atomi e alambicchi. Donne e scienza in Piemonte dal 1840 al 1960. Centro Studi e documentazione pensiero femminile. Torino, 2008, pp 238-239

Negli anni del liceo viveva in - Via Maria Vittoria 42 bis poi si trasferì in via Giolitti dove, penso, viva tuttora.

Negli anni 60 la professoressa pubblicò un libro che riscosse un certo successo, si tratta di Appunti di istituzioni matematiche Tirrenia-Stampatori - 1968

Aggiornamento novembre 2014:
La Professoressa Tira è ancora in piena salute ed attiva! L'abbiamo contattata per iscritto (abita in centro) io e Roberto e l'altra sera ha telefonato a Nucera. Era contenta ci fossimo ricordati di lei. Lei, dal canto suo, ricordava Mongiano, Maggiora e Neri. Insegna ancora al doposcuola del Maria Ausiliatrice nonostante i suoi 87 anni! L'avevamo invitata per un the ma ha glissato, il che è comprensibile.... La professoressa Tira è l'ultima rappresentante della vecchia generazione dei nostri professori. Ci sono stati inseguito le varie Catti, Mondino, Romero, il Facchinelli, il Castagnotto ecc ma apprtenevano da un' età più prossima alla nostra.....





sabato 11 ottobre 2014

Al traguardo: l'esame di maturità nel 1970 (Piero Seinera)

La preparazione dell'esame di maturità mi impegnò non poco. Adesso, a ripensarci, mi sembra che non seguissi un preciso programma di studio. La vastità di quel che avrei, in teoria, dovuto apprendere mi spaventava. Forse non eravamo stati adeguatamente istruiti sulla complessità dell'esame o forse, come spesso mi è capitato fino all'università, io non "avevo capito". Lo scritto fu disastroso sia in Italiano che in Matematica: nel primo andai fuori tema, parlai addirittura di Peter Kolosimo che a quei tempi riscuoteva un certo successo nel mondo (abbastanza discutibile) della fantaarcheologia: Peter Kolosimo. Questo non mi procurò di certo la fama di allievo serio e studioso. Parimenti nel problema di matematica ebbi l'insufficienza. Penso che sia stata la buona volontà dei professori, coadiuvati dal Craveri, a tirarmi fuori dall'impiccio in cui mi ero cacciato. E' vero che all'orale fui in grado di sollevare la media: dissertai infatti sulle lettere che scrisse al Tommaseo una certa nobildonna di cui non ho più memoria e questo bene impressionò la commissione. Se solo avessero saputo che il mio sapere derivava dalla lettura il giorno precedente l'interrogazione, non di libri profondi ma del volumetto, peraltro ben fatto, de I Giganti Mondadori che anni prima ia madre aveva avuto l'accortezza di acquistare  dal giornalaio.... Ma così vanno le cose. C'è forse da dire che la mia fama di bravo ragazzo, non di brillante intelligenza, ma volenteroso e studioso nei 5 anni precedenti, mi servì a non essere bocciato. Ne uscii con un misero 38. Ripensando a quegli anni e a come studiavo, mi sembra di capire che fu solo all'Università con corsi ben definiti e programmi ben tracciati che imparai l'arte di apprendere e memorizzare. Nei cinque anni di Liceo, purtroppo, troppi insegnanti supplenti transitarono sulle nostre cattedre e molti privi di un metodo didattico efficace. Arrivai all'esame di quinta sprovveduto di una base solida con cui mostrare le mie potenzialità ma comunque ce la feci e dopo tutto fu più semplice anche se non meno faticoso.
Ho spesso considerato il problema dell'insegnamento in Italia, soprattutto se penso che per diventare quel che sono, ho studiato fino al 1980, anno del conseguimento della specialità in Ostetricia e Ginecologia, nei tempi giusti e senza mai perdere anni. Ventinove anni! Più di un terzo di una vita. Troppi anni. Troppi al Liceo, visto il bagaglio culturale che mi ha lasciato, ma soprattutto troppi all'Università. Molto di quel che adesso so, l'ho imparato per conto mio e non sui libri di scuola. E' forse questa la colpa maggiore che rivolgo al sistema-scuola  italiano.
Piero Seinera

venerdì 10 ottobre 2014

Correva l'anno 1968 (Piero Seinera, Renata Olivetti)


Nella vita di una persona si intreccino costantemente Piccole e Grandi Storie. La Grande Storia ha visto nel 1968 il susseguirsi di tanti episodi che hanno segnato molte esistenze  e cambiato l'idea del mondo in una intera generazione. A fine gennaio inizia in Vietnam l'offensiva dei Vietcong che cancella l'opinione erronea che i vietnamiti siano sull'orlo della sconfitta e che gli Stati Uniti siano li per vincere la guerra. La reazione americana è violenta e si esplicita in terribili episodi che trovano l'apice nel massacro di Mai Lai. Nel mese di marzo iniziano le occupazioni di molte università italiane da parte degli studenti in lotta. Muoiono in primavera Juri Gagarin in un incidente aereo e Martin Luther King viene assassinato. La contraccezione è condannata senza appello da Paolo VI nella sua enciclica Humanae Vitae. In agosto le truppe sovietiche pongono fine al sogno della primavera di Praga del socialismo dal volto umano.
Intanto, apparentemente insensibile a questi sconvolgimenti, io portavo a termine il terzo anno di Liceo, le cui lezioni avevano trovato un sollievo al rigore dei primi anni, con l'arrivo di nuovi supplenti. Il professor Ugo Castagnotto fu uno di questi: egli aveva fatto nascere, anche nelle menti più refrattarie, il dubbio che esistesse un mondo molto più complesso e articolato di quello intravisto nelle pagine dei testi di latino e italiano. A posteriori non si può dire che fosse un buon professore: pur dotato di una solida cultura, mancava totalmente di un qualsivoglia progetto didattico. Faceva presa su alcuni di noi (me compreso) per quella irriverente gigioneria con cui demoliva certezza e schemi consolidati ma alla fine, in sostanza, a parte qualche sprazzo (ricordo in particolare le lezioni sui simbolisti francesi, Mallarmé in testa e sul significato del colore nella loro poetica) poco restava da ricordare. Poco per chi deve guidare un ragazzo verso la maturità (in ogni senso). Ho seguito le sue tracce sul web e l'ho ritrovato copywriter per l'Armando Testa, docente in varie università nord americane e infine insegnate all'Università di Urbino. Adesso penso sia già in pensione... Gli scrissi anche una mail ma non ebbi risposta Amen.  Diverso fu il caso del supplente di Storia il Manghi grazie al quale furono sconvolte, nelle austere aule del liceo, certe tradizionali maniere di intendere l'insegnamento. La cattedra diventava un luogo dinamico, sede di accesi scambi, di pareri, contestazione e perdeva quella ipnotica imponenza che per anni aveva intimorito e tenuta tranquilla l'aula. Qualche anno fa scrissi due righe nel 2009 in occasione della sua morte:

La notizia della morte del Prof. Manghi l'ho appresa da un breve annuncio su La Stampa del 19 novembre. Mi è spiaciuto molto perchè era una di quelle persone che negli anni avrei voluto rivedere e ritrovare nei gesti e nelle parole. L'avevo cercato sul web anni fa ma non ero approdato a nulla... 
1967 circa, Liceo G Ferraris di Torino, era entrato in classe un uomo giovane con i capelli corti e lo sguardo penetrante. Abituati alle soporifere lezioni di italiano del professore titolare, assente per malattia, eravamo stati proiettati in un mondo nuovo, brillante e inaspettato, sulla scia del fiume di parole di questo nuovo insegnante. Ironia, sovvertimento dei ruoli, il tutto però controllato e finalizzato ad un progetto didattico originale. "A me gli occhi" diceva alzando le braccia in aria e aprendo e chiudendo le dita, lo sguardo fisso alla stranulata prima della classe che faticava a capire la portata dell'interrogazione. Un giorno arrivò in classe con un volumetto colorato, La strada di Swann, Mondadori, volume primo. Era l'inizio della mia conoscenza di Marcel Proust, che devo a lui. Finito l'anno scolastico, il professor Manghi e le sue fantasmagoriche lezioni si dissolsero nel nulla lasciando però un ricordo costante nel tempo. Son passati 45 anni e più anni e il circolo della memoria si chiude su questo breve annuncio del 19 novembre. Un po' di malinconia e tanta riconoscenza.
2009

Commenti  su Facebook:

A.A: un grande! Col suo parlare sempre imitando i russi o al lunedì a leggere insieme le notizie del Toro su Tuttosport!! Io ho lavorato con Martino Manghi, il figlio, per anni…

A.A: (25 novembre 2008) Le notizie sono purtroppo che è stato colpito da demenza senile già da 3-4 anni ed è ora ricoverato in un centro di ricovero… non riconosce quasi più nessuno se non suo figlio ogni tanto. Ha perso quasi del tutto l’uso delle gambe

Renata: 

Il bello dei ricordi è che spesso sono discordanti.
Completamente diverso da quello di Piero è il segno lasciato in me dal Prof. Manghi,  insegnante di Storia e Filosofia,(a.s 1966/67)  non supplente, ma sostituto della professoressa avuta l'anno precedente che era andata in pensione e che fu costretto a cambiare scuola a causa delle proteste dei genitori per il metodo poco ortodosso che aveva di insegnare e soprattutto sul metodo di giudizio per gli allievi che non condividevano le sue idee politiche. Ma questo fa parte di un altro capitolo della mia storia.

giovedì 9 ottobre 2014

Renata Olivetti: a.s.1965/66 2°F

Ed eccoci finalmente nell'autunno del 1965 in 2°F.
A metà degli anni '60 il mondo occidentale evidenziava benessere economico e stabilità sociale. Scongiurato il pericolo di una terza  guerra mondiale con l'attenuarsi degli attriti tra Usa e Urss, la vita di tutti i giorni aveva ripreso a seguire i suoi ritmi naturali. Il sogno di un'esistenza serena,  si era per molti realizzato, e negli anni '60 si poterono toccare con mano i primi risultati del cosiddetto "miracolo economico". Un numero sempre maggiore di famiglie poteva permettersi cose che, fino a pochi anni prima, erano viste come lussi irraggiungibili: l'automobile, la televisione, le ferie al mare.
Ma sotto la coperta della stabilità covava un germe di ribellione.
I padri di famiglia, appartenenti a una generazione che visse in prima persona la tragedia della seconda guerra mondiale, rivendicavano il diritto di vivere in santa pace senza scossoni;  noi, i loro figli, invece, ci accorgemmo che col ritrovato benessere stava affermandosi una società immobile e cominciavamo a sentirsi ingabbiati. Ad accentuare l'inquietudine dei giovani contribuirono la musica e la letteratura: erano, quelli gli anni dei Beatles, dei Rolling Stones, di Bob Dylan. In Italia c'erano gli "urlatori", capeggiati da Celentano. Sul versante letterario, un urto violento si ebbe con la Beat generation: il mito di una vita "On the road", priva di schemi, faceva proseliti tra i giovani americani.
Così la barriera tra le due generazioni crebbe sempre di più e si arrivò al primo atto di protesta. Durante gli ultimi mesi del 1964, l'università californiana di Berkeley fu occupata dagli studenti, guidati da un ragazzo di chiare origini italiane, Mario Savio. Fu, quello l'inizio della Contestazione. Il vento che soffiava dalle coste della California giunse in Europa due anni più tardi. L'Italia fu il primo paese del vecchio continente a recepire il messaggio della protesta che veniva di là dall'oceano. 
 Un vero e proprio caso, però, scoppia a Milano il 22 febbraio del '66, con l'incriminazione di tre studenti e del preside del liceo ginnasio Parini.
Accusa: incitamento alla corruzione.
Causa di tanto rumore fu un inchiesta pubblicata sul giornalino dell'istituto ''La zanzara''.
I redattori, affrontando il tema del sesso, scrissero: "Vogliamo che ognuno sia libero di fare ciò che vuole, a patto che ciò non leda la libertà altrui. Per cui assoluta libertà sessuale e modifica totale della mentalità. Sarebbe necessario introdurre un'educazione sessuale anche  nelle scuole in modo che il problema sessuale non sia un tabù, ma venga prospettato con una certa serietà e sicurezza. La religione in campo sessuale è apportatrice di sensi di colpa". Il tenore di queste frasi, oggi, fa pensare alla scoperta dell'acqua calda. Ma la magistratura reagì con la rabbia di chi subisce un'ustione.
Gli studenti e il preside furono rinviati a giudizio, e solo il presidente del tribunale dimostrò un minimo di equilibrio, pronunciando un giudizio di assoluzione accompagnato dalle seguenti parole: "Non montatevi la testa, tornate al vostro liceo e cercate di dimenticare questa esperienza senza atteggiarvi a persone più grandi di quello che siete".
L'episodio del Parini, conclusosi per il meglio, può essere visto come l'accensione della miccia di una bomba che sarebbe esplosa un anno dopo.



Della decimata 1°F rimanevamo: io, Laura Zama, Franco Cartella, Cristina Reyneri , Paola Corona, Ciacci Fulvio, Marco Garabello, Graglia Enrico, Aimone, Monticone, Amprimo Giorgio. Da altre prime, anch'esse dimezzate, arrivarono: Bava,Oldani, Cascini, Modena, Osella e mi sembra Biselli e altri di cui ho un ricordo meno nitido. Mi sembra che in tutto fossimo 36. La professoressa nella foto era la nuova insegnante di italiano Grandi, molto severa e un po' freddina.
L'anno incominciò bene con l'arrivo di tutti questi nuovi compagni simpatici e più estroversi
dei nostri soliti compagni e che riempirono il vuoto lasciato da chi non era passato.
Non ci furono particolari problemi  con i professori, solo il nuovo prof. di scienze Marino già anziano e logorato da tanti anni di insegnamento e dai problemi familiari, ci creava qualche problema con certe sue manie e qualche volta riusciva ad impressionarci con i suoi famosi due, che poi ci faceva rimediare con album di disegni ricalcati dal libro, e io sinceramente lo trovavo un metodo di studio infantile.
Ma a parte questi intermezzi la cosa che segnò maggiormente questo anno, fu lo sbocciare dei primi amori.
Ovviamente non posso fare nomi, ma vi assicuro che furono storie intense e che in alcuni casi hanno lasciato un ricordo indelebile nei nostri cuori.
Gli insegnanti non vedevano di buon occhio questi nostri innamoramenti specialmente perché, per loro, erano sempre con le persone sbagliate!!!!
Passai le pene d'inferno per queste intromissioni nella mia vita privata, ma i miei si dimostrarono comprensivi permettendomi di frequentare i miei amori al di fuori della scuola a patto che  mi impegnassi nello studio.
E i miei problemi con il disegno? Risolti, disegni in cambio di traduzioni di latino e il gioco era fatto.

E così finì anche la seconda, fui promossa e questa volta veramente soddisfatta dell'anno trascorso partii felice per le vacanze, pronta ad affrontare il triennio, ma ignara delle nuvole che sia addensavano sul mio imminente futuro.

PS: Purtroppo penso di essere troppo personale in queste mie memorie ma io non ho la fortuna di Piero di essere coadiuvata dai compagni e infatti mi sto chiedendo per chi stia scrivendo Per me stessa?

lunedì 6 ottobre 2014

I bagni del secondo piano Circa 1968 (Piero Seinera)


Bagni del secondo piano. I bagni, "cessi" nel linguaggio di ogni giorno, erano un luogo di ritrovo, di svago, di maschio relax dove Dario Oldani, tra una sigaretta e l'altra, gli occhi perenemmente socchiusi a difesa dai vapori, raccontava barzellette che duravano almeno 20 minuti, intervallate da bonarie esclamazioni sacrileghe (bestemmie) che, profferite da lui, perdevano molto del loro significato. Poi c'era lo scambio di informazioni, queste più serie, su vicende  del nostro quotidiano percorso didattico a volte anche qualche confidenza amorosa, ma durava poco, si ricadeva subito nella farsa (vedi foto)... La gonna, tra parentesi, era quella di Daniela Casalino, mi pare: il fatto è che non ricordo dove ella fosse nel frattempo, privata della sottana. Di certo non nel locale bagni, dato che vigeva una severa separazione dei sessi, onde impedire il risveglio di pruriginose inclinazioni. E dire che mentre noi fumavamo (in realtà io non ancora), dicevamo scemenze e ci divertivamo con molto poco, sulle piazze di Italia, di Parigi e di Berlino, infuriava la protesta del '68....  Nelle aule affollate si tenevano discorsi che sembravano voler cambiare il mondo. Scarsa fu la mia partecipazione. A posteriori, ripensandoci, è stato meglio così.

Renata Olivetti: il primo anno al Galfer 1964/65

Renata Olivetti

Per me, iscrivermi al Galfer, è stata una scelta alternativa al D'Azeglio, non mi andava di frequentare tutti i crocettini , volevo fare nuove amicizie, i  3 anni passati all'Ugo Foscolo erano stati un incubo, volevo un clima più aperto alle innovazioni. Mi ricordo con emozione la scelta  dell'abbigliamento finalmente da signorina !!!!!! non più calzettoni e mocassini , non più gonne con pieghe e fiocchi, ma un austero tailleur, scarpe con tacco 3 cm , non più due trecce, ma una sola. Voi direte, tutto qua? Ma io per ottenere tutto questo avevo ingaggiato una guerra per tutta l'estate!!!!!!!!!!!!!!! Su una cosa non ero riuscita a spuntarla, quella di essere accompagnata da mamma il primo giorno di scuola con la promessa che poi sarei finalmente potuta andare da sola.
Ed eccomi emozionata ed eccitata al mio primo giorno di scuola ...................... La scalinata, tutta quella folla, passare in mezzo a tutti quei ragazzi, mentre  pensavo che tutti guardassero me (povera illusa), tutto era una novità. Entrammo in classe, appello eravamo 36!!! e c'erano tanti ragazzi e solo 6 femmine .Mi trovai subito a mio agio, tutti mi sembravano gentili ed affabili, niente commenti sulla pettinatura né sull'abbigliamento, che meraviglia, allora questo era un altro mondo? Ero finalmente uscita da un incubo e da inutili frustrazioni e umiliazioni. La Prof.ssa Gugliotta di Italiano e Storia che ci accolse, mi sembrò una fata in confronto di quella strega, zitella inacidita delle medie, finalmente una mamma severa con i suoi problemi, ma un essere umano. Mi dispiace di non avere una foto di classe, non so se non l'abbiamo fatta o se l'ho smarrita Chiederò ai miei compagni di allora Manolo, Ennio, Franco, speriamo . Intanto in attesa di qualcosa di meglio metto questa foto di uno scambio culturale con i compagni di Chambery organizzato dalla mitica Mademoiselle Brunò,


Aggiunta di Piero (6.10.14): a proposito di scambi italo francesi, io non ebbi mai il piacere di effettuarne. La mia casa era piccolina e non c'era la possibilità di ospitare nessuno. Ricordo, in ultima fila, le sghignazzate fatte con l'allora mio vicino di banco, Paolo Garoglio che, analogamente a me, non aveva accolto nessun francese. "Lo potrei mettere al limite nel forno, in cucina" diceva e giù a ridere...... Non so perchè ciò ci facesse così ridere, forse era il sussiego di Mademoiselle Bruno impegnata a descrivere le opportunità culturali di questi incontri e la rappresentazione di un francese ospitato in un improbabile luogo della casa..... 
Paolo Garoglio, meteora del primo anno, bocciato a fine corso, nella vita è diventato un affermato imprenditore nel panorama torinese e dà lavoro a molte persone. Il nostro liceo, in quanto a giudizi sulle capacità dei suoi allievi, non era infallibile...  
Renata Olivetti (8.10.2014)
Anch'io non ospitai mai nessuno, ma non per questioni di spazio, ma mi pare che la cosa fosse riservata ai maschi, non ricordo mai che nel gruppo ci fossero arrivate delle francesine.
Questi francesi poi erano dei discreti rompiscatole. Mi ricordo che il più ospitale era il mio compagno Allora Giuseppe (o io me lo ricordo meglio perché i nostri genitori si conoscevano, in quando gli Allora avevano un negozio di ferramenta alla Crocetta e io fino al 63 abitavo a due passi) in quanto aveva una casa indipendente e spaziosa in piena Crocetta, vicino al Galfer.
I francesi ci criticavano per tutto: per il mangiare troppo abbondante, per la vita troppo agiata, per il vestire troppo elegante. Non capivano che noi facevamo di tutto per dar loro il meglio. A parte questa foto un altro ricordo dei loro soggiorni, che non mi pare si siano protratti per tutto il quinquennio, è nella foto della mia prima terza F, dove compaiono anche loro.
Per ritornare all'anno scolastico 1964/65, esso si rivelò pieno di entusiasmanti novità e non particolarmente faticoso in quanto io provenivo da una scuola media molto severa e quindi con una preparazione di base adatta ad un liceo. Gli insegnanti li trovai per lo più disponibili e meno intransigenti di quelli  della Foscolo. Unica difficoltà il disegno, materia per la quale non ero per nulla portata e l'insegnante prof. Troletti  non aveva nessuna attitudine all'insegnamento e neanche la voglia.
La sua frase che mi è rimasta più impressa è ''Ma Olivetti i tuoi non sono ellissi, ma patate!!!!'' questo era il compenso di intere domeniche dedicate al disegno. Mi ricordo che entrava in classe, con il suo puzzolentissimo sigaro, e diceva '' Prendete a pagina 33, figura numero 22. Ingrandite una volta e mezza''  e come era entrato, così usciva, lasciando a noi l'arduo compito di capire come fare. La prof.ssa Roglio di mate, come ha già ricordato Piero non aveva una gran simpatia per le ragazze, ma paragonata a quella delle medie che riduceva le interrogazioni a dei quiz (quando ti chiamava alla lavagna ti chiedeva ''Vuoi una domanda facile da sei o una domanda difficile che se la sai, ti do otto?'' La scelta  era comunque sempre sbagliata . Se dicevi  "quella facile'' ti rispondeva ''A allora ti accontenti di poco'', se dicevi ''quella difficile'' ti rispondeva ''Sei presuntuosa''. Era un vero incubo), mi sembro sopportabilissssssssima!
La classe era affiatata e io mi trovavo a mio agio. La cosa più terribile successe un giorno, quando molto attenta a una spiegazione, sentii Giorgio Castellano che urlava "si butta, si butta'', non ebbi neppure il tempo di capire e tutti ci precipitammo alla finestra , che era di rimpetto a quella dei bagni femminili, per vedere a terra il corpo di una allieva steso nel cortile. Giorgio era il più scosso, perché sua madre si era suicidata poco tempo prima, noi forse non capimmo a pieno la gravità del fatto.
Così trascorse il primo anno e alla fine ebbi la delusione di vedermi rimandata in solo disegno con cinque. Alla mia richiesta al prof. Troletti del perché di questa punizione , mi rispose ''Ma davvero hai solo disegno? non me ne sono accorto, mi dispiace, se lo sapevo non te lo davo  "Chissà dove aveva la testa agli scrutini!!!!!!!!!!!!!  Passai tutta l'estate a fare disegni e a settembre fui promossa con sette!!!!!!!!!!!!!!!! La classe fu decimata, non passarono in seconda Manolo, Ennio e Franco Borri, che rincontrai negli anni successivi. Come risolsi poi i miei problemi con il disegno fa parte di un altro capitolo.  Per ora la storia finisce qui. Ci ritroveremo in 2° F  a.s 1965/66 e vedrete quante novità . A presto!



 

 

domenica 5 ottobre 2014

Il primo anno 1965/66 (Piero Seinera)

I professori del primo anno, iniziato nell'autunno del 1965, furono la Gugliotta di Italiano e Storia, la Roglio di matematica. La Gugliotta soffriva di emicranie invalidanti: alcuni giorni entrava in classe con gli occhiali scuri per via della fotofobia, e iniziava la lezione a bassa voce sofferente. Era relativamente severa nei giudizi. Rimase solo quel primo anno.
La Roglio non amava particolarmente le allieve femmine.... Anche lei si fermò solo in prima e fu sostituita dalla Tira al secondo anno. Don Falera, marchigiano schietto, cercò a lungo di tenere a bada le intemperanze della classe con la passione della dottrina... ma ebbe scarso successo. A suo modo un brav'uomo. Anni dopo, come già ho avuto modo di scrivere su facebook, lo ritrovai parroco della chiesa di Carignano, sempre con i suoi capelli corvini e l'eloquio della sua terra. 

Il Troletti (21.1.1906-15.5.1982) era invece l'insegnante di disegno: distaccato e poco comunicativo, ci trasmise a fatica le nozioni base della sua materia. Non penso che avesse molta voglia di insegnare, sembrava muoversi su di un piano diverso quasi che la sua presenza in classe fosse un fatto casuale e non del tutto gradito. 
Nel maggio 1930 il nostro risulta presente all'inaugurazione del Circolo Goliardico Maramotti, martire fascista: in tale occasione una mostra pittorica lo vede autore partecipante. Il mese successivo eccolo di nuovo citato ad una mostra del Goliardo fascista, sempre a Torino.
Nel maggio 53 il Troletti è coinvolto in un incidente stradale, investe in auto un ciclista sullo stradale per Orbassano: il malcapitato ha una gamba fratturata e viene ricoverato al Mauriziano con prognosi di 20 giorni.
Nel luglio 1954 Anselmo Troletti viene trasferito da Pinerolo a Torino. Nell'aprile 1980 partecipa ad un necrologio, sempre sul giornale cittadino. E infine il 15 maggio 1982:
E' improvvisamente mancato il prof. Anselmo Troletti. Lo annunciano la moglie Giuseppina Giorgi, i figli Andrea e Donata, i fratelli Bruno e Rita con le rispettive famiglie e i nipoti. I funerali avranno luogo il 18 alle ore 10 presso la Gran Madre di Dio. 

Un ultimo ricordo è quello del 10 Febbraio 1989 
Papaveri e gerani per un paesaggio. Alfonso Birolo espone dai Fogliato in via Mazzini 9, fino al 23 febbraio. Il pittore (tornato a vivere, dopo una lunga parentesi torinese, a San Sebastiano Po, dov'è nato nel 1927) ha imparato da Anselmo Troletti che la pittura è soprattutto ricerca d'una forma espressiva: cosi da caratterizzarne un'immagine con i segni d'una personale autenticità. Di qui il suo bisogno di 'lasciare tutto e tornare alle campagne che erano la sua terra», come scrive Laura Mandnelli per questa personale assai ampia, con 1 suoi ottantatré titoli: tutti di paesaggi e dì fiorì (gerani e iris, papaveri, zinnie e la Clematide fiorita). ecc ecc Il Troletti dipingeva, chi l'avrebbe mai detto? E ha un suo mercato d'arte.....

 Natura morta, 1932

Il Troletti è sepolto al Cimitero di Sassi.
Immagini di quell'anno: